lunedì 2 agosto 2010

Lettera Aperta al Ministro Prestigiacomo


Il Consiglio dei ministri, giovedì 4 febbraio 2010, ha varato il decreto legislativo che individua il percorso e i criteri per la localizzazione delle centrali nucleari e del deposito unico di stoccaggio delle scorie radioattive.

I lavori di costruzione della prima centrale, inizieranno nel 2013, mentre la produzione di energia elettro-nucleare nel 2020. Ad un’Agenzia per la sicurezza nucleare gli operatori presenteranno i progetti per richiedere le autorizzazioni dopo aver indicato i siti che ospiteranno gli impianti che dovranno presentare tutte le caratteristiche indicate dalle normative generali e da quelle inserite nella legge stessa.

Praticamente nella legge non si da il via ad alcun progetto nucleare ma questo governo, per quanto gli competerà, appoggerà e favorirà progetti di privati, cosa che prima non poteva fare in quanto non c'erano leggi a riguardo, proprio in virtù del referendum che nell’87 determinava l’uscita dell’Italia dal nucleare.

Questo, tra l'altro, vuol dire che non si potranno più finanziare gli stoccaggi del nostro materiale radioattivo all'estero. Come giustificare spese di stoccaggio se non siamo più denuclearizzati?

Da qui l'esigenza di costruire bunker che dovranno accogliere tutto il materiale che ora produciamo e, in più, dovremo andarci a riprendere quello che abbiamo esportato fino ad ora. Se ho capito bene, lo stoccaggio presso strutture straniere, non ha un costo una tantum, bensì una sorta di abbonamento che si deve, di anno in anno, rifinanziare.

Ovviamente tutto questo favorirà aziende che in questo campo hanno molta esperienza, aziende che sanno benissimo come risparmiare sulla sicurezza, sia durante il trasporto che durante lo stoccaggio.

Questo è quanto ho capito io, ma il tema è molto più complesso, artisticamente progettato per essere complesso.

Nelle leggi nucleari presenti nel mondo, vengono considerati anche i progetti per i lavori di smantellamento e bonifica degli impianti dopo che gli stessi, in seguito alla loro dismissione per programmata obsolescenza, usciranno dall’esercizio.

In Italia tutto questo era considerato già nella prima era nucleare del nostro Paese, tanto che dall’inizio di questa avventura, partita alla fine degli anni cinquanta, nella bolletta che paghiamo come utenti dell’energia elettrica vi è una quota dedicata, aggiornata ovviamente negli anni, proprio alla dismissione degli impianti.

Per questi lavori è stata creata un’apposita agenzia, la Sogin, che già molti lavori ha fatto però, dopo 23 anni dall’uscita dell’Italia dal nucleare, ancora non sta nemmeno a metà dell’opera.

Saranno stati sufficienti quei pochi centesimi di Euro presenti in bolletta a pagare tutto il personale e le strutture dedicate a questo lavoro?

Saranno sufficienti tutti gli impiegati della Sogin, a gestire la mole di lavoro svolta e non svolta, visto che negli anni è diminuito in numero gli operai destinati al lavoro pratico mentre il personale impiegatizio è di anno in anno aumentato?

A pochi chilometri dal Garigliano, percorrendo verso Capua la meravigliosa Appia, si incrocia la strada che porta all’impianto nucleare. Due bei cartelli, uno per spigolo, ci informano sulla direzione che ci conduce alla centrale, in bella vista il logo e il nome della Sogin ci mostrano, con italico orgoglio, che l’Agenzia esiste e sta operando.








Bisogna però percorrere altri due o tre chilometri per giungere all’incrocio che porta alla Sessana frazione di Fasani, i luoghi sono bellissimi, me ne sono innamorato appena immerso, son più di trent’anni ormai.

Appena si imbocca la strada per Fasani, superato un ponticello, sulla sinistra fa bella mostra, con fiabesco aspetto, il Villaggio ENEL, sorto per ospitare il personale operante nella centrale e nelle infrastrutture a lei dedicate. Una sguarnita guardiola lascia immaginare un custode che non più decide chi sia autorizzato ad entrare anche perché, nel frattempo, non solo operai ENEL sono andati a vivere nel villaggio.



Provenendo dal Garigliano, sulla sinistra, pochi metri prima di imboccare l’incrocio, una ringhiera e un cancello dalla bianca vernice scoccolata, fanno da confine al sito che ospitò il Laboratorio di Ricerche Ambientali dell’ENEL.

All’interno del recinto alcuni capannoni si stanno sgretolando dopo aver perso i vetri e gli infissi, dove la flora e sicuramente anche la fauna, si sono reimpossessati del posto.


















Guardando il luogo, lasciando l’Appia alle spalle, sulla parte destra, una casa che sta incastrata tra la strada per Fasani, il Villaggio e i laboratori, ha le finestre che si affacciano sopra i tetti ondulati dell’edificio più nascosto dall’alta vegetazione.Osservando le spoglie di questi ambienti, mi cadono le braccia fino a terra, tanto che sento le unghie delle dita delle mani, sfregare l’asfalto, non riesco ad esimermi dal pensare all’attentato alla salute di chi abita il casolare adiacente, prodotto dai volatili filamenti del subdolo asbesto che negli anni va sparpagliandosi tutt’attorno nonché sulle pareti, sul tetto e sugli infissi di quella casetta che evidentemente è stata costruita per ospitare contadini che dall’ambiente traevano vita, dal quale però ora traggono anche grave nocumento.

Cos’è che suscita in me tutto questo sconforto?

Pensieri che mai mi lasciano quando si parla di nucleare; pensieri che intasano le mie sinapsi di domande che so non verranno mai soddisfatte se non con risposte omettenti argomenti importanti o con plateali menzogne suffragate da scienziati che sotto il ricatto di mancati finanziamenti, appoggiano le scelte di governo.

Si vorrebbe iniziare una nuova avventura nucleare e non si è ancora riusciti a chiudere la vecchia, smantellamenti e bonifiche dalla programmazione calcolata con larghissimo anticipo, sono ancora in alto mare.
















Capannoni ricoperti da tetti fatti con ondulati prodotti con materiali altamente nocivi, quali l’asbesto che provoca danni noti e riconosciuti ufficialmente tanto da vietarne l’utilizzo e, laddove ancora sussistono manufatti che ne hanno visto l’impiego, debbono essere smontati o quantomeno messi in sicurezza con l’applicazione di vernici che ne limitino la dispersione nell’ambiente

Vernici che, in momenti di particolare zelo da parte di qualcuno, effettivamente è stata spennellata sugli odulati in questione, della quale adesso rimangono solamente alcune tracce


Se e quando prenderanno provvedimenti puntuali, senza che sia necessario denunciare mancanze così evidenti, forse riusciranno a convincermi che sono in grado di gestire la grande energia racchiusa nell’atomo per la quale, in caso di incidenti o di mancanze analoghe a quelle qui presentate, non sarà sufficiente una mano di pittura ne, tantomeno, una pezza e uno spruzzino contenente sgrassatore da cucina.





Mi si potrà obiettare che il sito qui descritto non è soggetto alle cure della Sogin ma, come dice il mio amico Renato, raccontalo a Mochena in luogo del solito, t’attacchi al tram.

Cara signora Prestigiacomo, non intervengo con lei utilizzando come fa il suo capo, su sue qualità intellettive, estetiche o di genere, ma in quanto Lei è il mio Ministro per l’Ambiente, e prima di dire che il nucleare è pulito e prima di allegre gite per voler del cane presso folgoranti impianti alieni, prenda tutti i punti della filiera nucleare, ne faccia un bel elenco e vada a controllare di persona se nei luoghi ove le persone denunciano mancanze, veramente si sta facendo ciò che è bene che si faccia.

Perché dovremmo credere nelle promesse che vengono fatte ora se, in modo incontrovertibile, quelle fatte a suo tempo non sono state mantenute e nemmeno si sa entro quando lo saranno?

Fra trenta o più anni, quando il vecchio capitolo nucleare vedrà la parola fine, allora ci potrà riproporre, sia come Ministro che come cittadino, i medesimi argomenti, sempre che Lei sia della stessa odierna opinione.

Massimo Penitenti per il Comitato Antinucleare Garigliano

Fotografie: Antonio Ciufo



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