2 febbraio 2017
Visita alla ex centrale del Garigliano
di Giulia Casella
presidente del Circolo "Alfredo Petteruti" Legambiente di Sessa A.
Le associazioni componenti del Tavolo della Trasparenza della centrale nucleare del Garigliano, sono state invitate dalla dott.ssa Benedetta Celata, addetta alle pubbliche relazioni per la Sogin, a recarsi nella centrale stessa per avere tutte le informazioni possibili, per approfondire le conoscenze, avere risposte a tutti gli interrogativi, i dubbi, le obiezioni possibili. Così Il 2 febbraio scorso, i rappresentanti di Legambiente, del Comitato di Salute Pubblica di S.S. Cosma e Damiano, del Comitato civico di San Castrese, del Comitato Antinucleare del Garigliano, i giornalisti della rivista on line “Terra senza frontiere”, si sono recati in centrale. L’accoglienza è stata quanto mai cordiale.
A riceverci la stessa dott.ssa Celata, l’ing.Fabrizio Scolamacchia, direttore della centrale da due anni, il dott. Fabio Chiaravalle, geologo, direttore della Divisione Deposito Nazionale e Parco Tecnologico. I due ospiti ci hanno fornito una dovizia di particolari rintracciabili, tra l’altro, sul sito della Sogin. A proposito dei rifiuti stoccati nel sito del Garigliano, ammontanti a ca. 3.000 mc, abbiamo scoperto un dato alquanto sconcertante di cui eravamo all’oscuro: nel D1, deposito tanto osteggiato, ma fortemente voluto dal generale Carlo Jean che utilizzò i poteri straordinari conferitigli dal premier Berlusconi per imporne la costruzione, in questo D1, dunque, non sono stoccati i rifiuti più pericolosi e di più lunga durata, ossia quelli a media attività la cui radioattività si esaurisce in almeno 350 anni, ma i rifiuti a bassa attività la cui rad si esaurisce nell’arco di alcuni anni, ossia i 21 fusti da 320 litri ciascuno contenenti le polveri radioattive scarificate dalle pareti interne del camino; i rifiuti a bassissima attività estratti dalle trincee 2 e 3; l’amianto contaminato estratto da vari edifici tra cui l’ed. reattore e l’ed. turbina.
In oltre due ore di spiegazioni, il direttore Scolamacchia ha indicato, sulla mappa del sito, la posizione di tutti gli edifici, i punti di monitoraggio, attraverso i quali viene monitorata la qualità dell’aria, mentre altre indagini vengono condotte periodicamente sulla qualità di acque, sabbia, terreno, piante. I dati risultanti si possono verificare sul sito della regione Campania. Altri edifici in cui sono stoccati i rif. Rad. sono l’ex diesel, in cui sono stoccato ca. 600-700 mc di rif.,l’edificio ex compattatore, il C501, il CCES. Sull’ex diesel sono stati effettuati lavori di adeguamento, mentre per gli altri tre non sono ancora iniziati.
Abbiamo chiesto al dott. Chiaravalle quale sarà la durata di questi depositi “temporanei” per definizione ”Fin quando non sarà pronto il deposito nazionale” ci ha risposto. E qui gli si è chiesto, data la sua funzione specifica in Sogin, quanto tempo ancora dovrà trascorrere perché venga pubblicata la CNAPI (Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee alla costruzione del deposito nazionale). “Le aree sono già state individuate- ha risposto il direttore della Divisione Deposito Nazionale- e, per quanto possa apparire incredibile, lo 0,1% del territorio nazionale è idoneo alla costruzione del D.N.. non è un estensione esigua, ma più che sufficiente alle esigenze di superficie e di sicurezza”. Ha inoltre specificato che sul sito sarà costruito un deposito superficiale per stoccarvi i rifiuti di bassa e media attività derivati dallo smantellamento delle centrali, oltre a quelli derivanti da altre attività come, ad es., quelle ospedaliere. Quanto poi ai rifiuti ad alta attività, tra cui quelli riprocessati in Francia e Inghilterra e di prossimo ritorno in patria, avendo essi una durata di centinaia di migliaia di anni, occorre individuare un sito geologico che assicuri stabilità. queste affermazioni hanno suscitato non poche perplessità, anche se Chiaravalle ha asserito che in Francia è stato individuato un sito geologico di argille risalenti al pleistocene (compreso tra 2,58 milioni di anni fa e 11.700 anni fa) ,che non hanno subito modifiche rimanendo stabili. (La perplessità persiste visto che la terra è in continuo movimento). Da precisare che quel 99,9 % del territorio nazionale è off limits secondo le prescrizioni ISPRA, ossia non vengono prese in considerazione le aree vulcaniche attive o quiescenti; le località oltre 700 metri sul livello del mare o ad una distanza inferiore a 5 chilometri dalla costa; le aree a sismicità elevata, a rischio frane o inondazioni e le “fasce fluviali”, dove c’è una pendenza maggiore del 10%. Escluse inoltre anche le aree naturali protette, quelle che non siano ad adeguata distanza dai centri abitati e quelle a distanza inferiore di un chilometro da autostrade, strade extraurbane e ferrovie. È escluso, quindi, anche il sito del Garigliano.
Comunque l’iter procedurale sarà molto lungo, anche dopo la pubblicazione della CNAPI, perché la pubblicazione della mappa dei siti idonei ad ospitare il deposito nazionale sarà seguita da una fase di consultazione pubblica, che culminerà in un seminario nazionale dove saranno invitati a partecipare tutti i soggetti interessati. Dalle istituzioni alle associazioni ambientaliste, passando per il mondo scientifico. Solo al termine di questa complicato iter si arriverà a una versione aggiornata della Carta dei siti. Quindi si procederà all’acquisizione di possibili manifestazioni di interesse da parte di Regioni ed Enti locali. In assenza di adesioni spontanee e se non si dovesse arrivare ad una scelta concordata, ecco l’extrema ratio: a decidere sarà il Consiglio dei ministri.( Ipotesi alla quale il governo in questo momento di grande crisi non vuole neanche pensare. Magari dopo le prossime consultazioni elettorali, pensiamo noi).
È stato richiesto dove viene smaltito l’amianto non contaminato da radioattività pur restando un elemento altamente tossico. Operazione che Sogin affida alla società SITA ITALIA che lo trasferisce – probabilmente – in Germania, visto che in Italia ci sono solo piccoli siti temporanei. (Ma il SISTRI, diciamo noi, funziona, o no?)
La seconda parte dell’incontro è stata dedicata alla visita di strutture esterne quali l’ed. turbina, i capannoni dove si trattano i rifiuti liquidi, gli edifici di stoccaggio citati. Siamo entrati nella sala dei bottoni con i quadri che comandavano il funzionamento della centrale, e nella sala monitor del D1. I fusti qui stoccati, i cosiddetti cask, sono contenuti in gabbie che ne impediscono la caduta anche in seguito a eventuali oscillazioni. Il prossimo lavoro di smantellamento sarà il VESSEL .
Il vessel è il contenitore in pressione che racchiude il nocciolo di un reattore nucleare e altri componenti interni.
Si tratta della parte più difficile da demolire, dal punto di vista tecnico, ingegneristico e ambientale . L’operazione avverrà con quattro anni di anticipo rispetto al piano che invece aveva previsto l’inizio delle operazioni per il 2023.
L’operazione “open gate” è perfettamente riuscita data la nuova strategia di Sogin che vuole completare il decommissioning della centrale del Garigliano, che sarà la prima a raggiungere almeno il brown field (condizione del sito dove tutto ciò che è radioattivo è stato caratterizzato, messo in sicurezza e stoccato in depositi temporanei in attesa del trasferimento nel deposito temporaneo nazionale, effettuato l'allontanamento di tutto il materiale si raggiungerà la fase di green field cioè sito completamente privo di sostanze radioattive derivanti dalle attività elettronucleari che verrà riconsegnato alla comunità), senza eventuali operazioni esterne di disturbo.
Qui è d’obbligo chiedere risposte ad un altro problema non meno grave, già presentato alle Prefetture di Caserta e Latina, ossia la pubblicazione del PIANO DI EMERGENZA esterno, con le indicazioni chiare di chi siano gli attori in caso di pericolo. Piano di cui le popolazioni sono all’oscuro e, nel caso malaugurato di un incidente, nessuno sa chi e cosa fare. In vista dello smantellamento del vessel, è ancora più urgente che se ne venga a conoscenza.
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