CENTRALI NUCLEARI E SALUTE
Gianni Mattioli e Massimo Scalia - Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche Naturali - Università di
Roma "La Sapienza"
Chiamato dal governo alla presidenza dell'Agenzia per la sicurezza nucleare, Umberto Veronesi
dichiara a "L'Espresso" (28 ottobre 2010): "L'idea che il nucleare possa aumentare il rischio-
cancro è infondata: non c'è combustione, non ci sono emissioni, non c'è diffusione di cancerogeni."
… "Ho dato la mia disponibilità all'incarico perché questa agenzia si occupa della sicurezza
dunque della tutela della salute della popolazione".
La realtà è diversa: ci riferiamo qui alle emissioni di radiazioni in condizioni di funzionamento
normale degli impianti.
Durante tutto il ciclo di produzione dell'energia nucleare, ed in particolare nella centrale nucleare,
si ha a che fare con sostanze radioattive per le quali, sono inevitabili emissioni all'esterno, che anzi
sono definite da norme. Così, oltre ai lavoratori, che sono a diretto contatto con le radiazioni, è
coinvolta anche la popolazione,a causa dei rilasci in aria o nei corpi idrici di sostanze radioattive, in
particolare attraverso catene alimentari.
La Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni Ionizzanti, nelle sue
raccomandazioni ai governi, esprime con chiarezza (ICRP,2007) questi elementi:
- dosi comunque piccole di radiazioni, aggiungendosi al fondo naturale di radioattività, possono
causare eventi sanitari gravi ai lavoratori e alle popolazioni, nel funzionamento “normale” degli
impianti;
- sulla base della collaborazione scientifica internazionale, ICRP pubblica la correlazione tra dose
di radiazioni assunte da una popolazione ed eventi sanitari gravi (tumori, conseguenze di carattere
genetico) che si manifesteranno;
- la definizione ICRP di Dose Limite di radiazioni ai lavoratori e alle popolazioni residenti non
significa dose al di sotto della quale non c’è rischio, ma quella dose “alla quale sono associati effetti
somatici (tumori, leucemie) o effetti genetici, che si considerano accettabili a fronte dei benefici
associati a siffatte attività con radiazioni”;
- nel corso degli anni, evidenze scientifiche hanno portato ICRP a ridurre le dosi; allo stadio attuale
esse non possono essere ulteriormente ridotte "pena la rinuncia alle attività relative".
Attualmente la dose per i lavoratori è di 20 millisievert e per le popolazioni di 1 milisievert,
che rappresenta in media il raddoppio del fondo naturale di radiazioni. Rischio maggiore per i
lavoratori, ma, si osserva, da quella esposizione traggono un beneficio economico diretto! Per
valutare l’entità di questo rischio, consideriamo un altro settore di lavoro, di tutt’altra natura, per
esempio FIAT, con 50.000 lavoratori: ove il rischio legittimato fosse lo stesso, si avrebbero 50
morti all’anno.
Da ciò la complessità degli impianti, che incide sul costo del kwh . La lotta delle popolazioni
americane per esposizioni più limitate e, ovviamente, maggiori livelli di sicurezza rispetto al rischio
di incidente, ha portato infatti le imprese elettriche ad oneri sempre più rilevanti sino a porre, già nel
1978, il kWh nucleare fuori mercato.
Quale è oggi il rischio per le popolazioni? Ci limitiamo ad una vicenda recente.
Su richiesta dei cittadini preoccupati, l’Ufficio Federale Tedesco per la Protezione dalle Radiazioni
incarica nel 2003 l’Università di Mainz di una ricerca sui casi di leucemie infantili in prossimità di
centrali nucleari. La ricerca è estesa a tutti i siti nucleari tedeschi per il periodo tra il 1980 e il 2003:
i risultati, resi pubblici nel 2008, mostrano tra i bambini viventi nel raggio di 5 km un incremento
del 160% dei tumori embriogenetici e del 220% delle leucemie.
Commenta lo scienziato I.Fairlie su "Environmental Health" (2009, 8, 43): "Dosi derivanti dalle
emissioni di radiazioni dai reattori su embrioni e feti nelle donne gravide possono risultare più
elevate di quanto si supponesse". Seguono raccomandazioni per avvisare i residenti in loco.
L’Ufficio Federale ha dichiarato: “Lo studio presente conferma che in Germania c’è una
correlazione tra la distanza della casa dalla centrale nucleare e il rischio di sviluppare un cancro
(leucemia in particolare) entro 5 anni dalla nascita.”
La vicenda mette anche in evidenza una diversità di costumi nel rapporto tra cittadini ed istituzioni.
Ecco che cosa significa affrontare il problema del nucleare nella sua interezza. Si parte dal funzionamento di una centrale e si finisce con le indagini epidemiologiche.
RispondiEliminaFin quando anche da noi non si riusciranno ad ottenere dati sanitari affidabili, in termini di prevalenza e di incidenza di patologie associabili all'esposizione a fonti di radiazioni ionizzanti, le nostre ragioni antinucleariste, da questo punto di vista, saranno necessariamente deficitarie.
Questo vuoto di informazioni è grave in quanto esistono gli strumenti legislativi e gli enti preposti per effettuare tali indagini. In altre regioni, come ad esempio in Piemonte, l'ARPA regionale ed il dipartimento di Epidemilogia e salute ambientale hanno effettuato studi epidemiologici di coorte nelle aree circostanti gli impianti Eurex, Sorin e del deposito di Avogrado presso Sallugia.
E poi mi chiedo come mai in altri ambiti gli screening sono considerati di routine, spesso proprio per appurare l'ipotesi di una correlazione tra un fattore di rischio e l'insorgenza di una determinata patologia, mentre nel caso del nucleare nessuno agisce.
Il diritto alla salute o è valido sempre o non è valido mai.
Giovanni Mallozzi