mercoledì 17 novembre 2010

Italia: magazzino del nucleare in Europa?

I capi di stato della NATO s'incontreranno in Portogallo questo fine settimana per discutere un piano segreto: raggruppare tutte le bombe nucleari americane presenti in Europa in Turchia e in Italia, che ne conta già 80.
Nonostante il mondo vada verso il disarmo nucleare, e la Germania e il Belgio abbiano chiesto lo smantellamento degli armamenti nucleari americani dopo un allarme sicurezza, il segretario della NATO e altre voci influenti vogliono mantenere l'arsenale europeo a tutti i costi. E il nostro governo sembra disponibile a trasformare l'Italia in un enorme magazzino nucleare per la NATO.

Dobbia
mo impedire al Presidente Berlusconi di stipulare un patto segreto con la NATO
alle nostre spalle. Ci rimangono solo 3 giorni: costruiamo una denuncia pubblica enorme e obblighiamo il governo a rigettare le bombe nucleari americane. I parlamentari lo hanno già fatto, e se raggiungeremo le 25.000 firme ci daranno voce in Parlamento prima del vertice.



Mettiamo alla luce i loschi patti segreti della NATO e dell'Italia con una petizione enorme che chiede al governo di fermare ogni piano di introdurre altre bombe nucleari nel nostro paese, e di unirsi invece alla Germania, all'Olanda e al Belgio per chiedere lo smantellamento degli arsenali nucleari esistenti. Firma la petizione ora e girala a tutti i tuoi conoscenti:
http://www.avaaz.org/it/no_nucleare_italia/?vl

Sul suolo europeo ci sono ancora 200 bombe nucleari americane, che originariamente servivano da deterrente durante la guerra fredda. Secondo le stime degli esperti in Italia ci sarebbero dalle 70 alle 90 bombe, alcune addirittura 10 volte più potenti di quella di Hiroshima.





(clicca sull'immagine per firmare la petizione)

L'anno scorso il Presidente Obama fece un appello globale per un mondo libero dalle armi nucleari. Da allora, il Belgio, la Germania e l'Olanda sono stati contagiati dallo slancio per il disarmo e i loro parlamenti e alti funzionari hanno richiesto alla NATO di ritirare le bombe nucleari americane.

Ora, lontani dall'attenzione dei media, i leader della NATO potrebbero lanciare un nuovo piano per raggruppare in un unico sito tutte le armi nucleari, e ci sono forti indicazioni che potrebbero portare proprio all'Italia e alla Turchia.

Mettiamo alla luce i loschi patti segreti della NATO e dell'Italia con una petizione enorme che chiede al governo di fermare ogni piano di introdurre altre bombe nucleari nel nostro paese, e di unirsi invece alla Germania, all'Olanda e al Belgio per chiedere lo smantellamento degli arsenali nucleari esistenti. Firma la petizione ora e girala a tutti i tuoi conoscenti:

http://www.avaaz.org/it/no_nucleare_italia/?vl
Con forza e determinazione,

Luis, Giulia, Ricken, Pascal, Alice, Benjamin e tutto il team di Avaaz

FONTI:

Interrogazione al governo dei parlamentari Gozi, Villecco Calipari e altri sulla notizia del trasferimento delle armi nucleari americane in Italia:
http://www.camera.it/417?idSeduta=394&resoconto=bt08&param=n3-01326

Il Manifesto, Le atomiche tutte in Italia:
http://www.ilmanifesto.it/archivi/fuoripagina/anno/2010/mese/10/articolo/3585/

Global Security Newswire, La NATO dovrebbe posticipare la decisione dello smantellamento nucleare (in inglese):
http://www.globalsecuritynewswire.org/gsn/nw_20101028_1639.php

Time, Che fare del segreto europeo sul nucleare (in inglese):
http://www.time.com/time/world/article/0,8599,1943799,00.html

Arms Control Association, I leader europei chiedono un nuovo patto NATO sul nucleare (in inglese):
http://www.armscontrol.org/issuebriefs/NATOTacticalNukes

martedì 9 novembre 2010

CENTRALI NUCLEARI E SALUTE


CENTRALI NUCLEARI E SALUTE
Gianni Mattioli e Massimo Scalia - Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche Naturali - Università di
Roma "La Sapienza"

Chiamato dal governo alla presidenza dell'Agenzia per la sicurezza nucleare, Umberto Veronesi
dichiara a "L'Espresso" (28 ottobre 2010): "L'idea che il nucleare possa aumentare il rischio-
cancro è infondata: non c'è combustione, non ci sono emissioni, non c'è diffusione di cancerogeni."
… "Ho dato la mia disponibilità all'incarico perché questa agenzia si occupa della sicurezza
dunque della tutela della salute della popolazione".
La realtà è diversa: ci riferiamo qui alle emissioni di radiazioni in condizioni di funzionamento
normale degli impianti.
Durante tutto il ciclo di produzione dell'energia nucleare, ed in particolare nella centrale nucleare,
si ha a che fare con sostanze radioattive per le quali, sono inevitabili emissioni all'esterno, che anzi
sono definite da norme. Così, oltre ai lavoratori, che sono a diretto contatto con le radiazioni, è
coinvolta anche la popolazione,a causa dei rilasci in aria o nei corpi idrici di sostanze radioattive, in
particolare attraverso catene alimentari.
La Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni Ionizzanti, nelle sue
raccomandazioni ai governi, esprime con chiarezza (ICRP,2007) questi elementi:
- dosi comunque piccole di radiazioni, aggiungendosi al fondo naturale di radioattività, possono
causare eventi sanitari gravi ai lavoratori e alle popolazioni, nel funzionamento “normale” degli
impianti;
- sulla base della collaborazione scientifica internazionale, ICRP pubblica la correlazione tra dose
di radiazioni assunte da una popolazione ed eventi sanitari gravi (tumori, conseguenze di carattere
genetico) che si manifesteranno;
- la definizione ICRP di Dose Limite di radiazioni ai lavoratori e alle popolazioni residenti non
significa dose al di sotto della quale non c’è rischio, ma quella dose “alla quale sono associati effetti
somatici (tumori, leucemie) o effetti genetici, che si considerano accettabili a fronte dei benefici
associati a siffatte attività con radiazioni”;
- nel corso degli anni, evidenze scientifiche hanno portato ICRP a ridurre le dosi; allo stadio attuale
esse non possono essere ulteriormente ridotte "pena la rinuncia alle attività relative".
Attualmente la dose per i lavoratori è di 20 millisievert e per le popolazioni di 1 milisievert,
che rappresenta in media il raddoppio del fondo naturale di radiazioni. Rischio maggiore per i
lavoratori, ma, si osserva, da quella esposizione traggono un beneficio economico diretto! Per
valutare l’entità di questo rischio, consideriamo un altro settore di lavoro, di tutt’altra natura, per
esempio FIAT, con 50.000 lavoratori: ove il rischio legittimato fosse lo stesso, si avrebbero 50
morti all’anno.
Da ciò la complessità degli impianti, che incide sul costo del kwh . La lotta delle popolazioni
americane per esposizioni più limitate e, ovviamente, maggiori livelli di sicurezza rispetto al rischio
di incidente, ha portato infatti le imprese elettriche ad oneri sempre più rilevanti sino a porre, già nel
1978, il kWh nucleare fuori mercato.
Quale è oggi il rischio per le popolazioni? Ci limitiamo ad una vicenda recente.
Su richiesta dei cittadini preoccupati, l’Ufficio Federale Tedesco per la Protezione dalle Radiazioni
incarica nel 2003 l’Università di Mainz di una ricerca sui casi di leucemie infantili in prossimità di
centrali nucleari. La ricerca è estesa a tutti i siti nucleari tedeschi per il periodo tra il 1980 e il 2003:
i risultati, resi pubblici nel 2008, mostrano tra i bambini viventi nel raggio di 5 km un incremento
del 160% dei tumori embriogenetici e del 220% delle leucemie.
Commenta lo scienziato I.Fairlie su "Environmental Health" (2009, 8, 43): "Dosi derivanti dalle
emissioni di radiazioni dai reattori su embrioni e feti nelle donne gravide possono risultare più
elevate di quanto si supponesse". Seguono raccomandazioni per avvisare i residenti in loco.
L’Ufficio Federale ha dichiarato: “Lo studio presente conferma che in Germania c’è una
correlazione tra la distanza della casa dalla centrale nucleare e il rischio di sviluppare un cancro

(leucemia in particolare) entro 5 anni dalla nascita.”
La vicenda mette anche in evidenza una diversità di costumi nel rapporto tra cittadini ed istituzioni.

Nucleare sul Garigliano

Nucleare sul Garigliano. La Provincia autorizza la misurazione dei livelli radioattivi

Via libera dell'Ente di Corso Trieste: la palla passa nelle mani dell'Arpac, sospiro di sollievo per il comitato civico di San Castrese
SESSA AURUNCA - Ok dalla Provincia di Caserta per la misurazione dei livelli radioattivi nei territori contigui alla Centrale Elettronucleare del Garigliano sita in località San Castrese del Comune di Sessa Aurunca.

domenica 31 ottobre 2010

Garigliano: sfiorata la catastrofe nucleare


Garigliano: sfiorata la catastrofe nucleare
Rischiata una Chernobyl italiana per un errore dovuto a incoscienza
di Luca Romano
«Il suono era assordante. Prima
di allora gli allarmi li avevo sentiti solo per le esercitazioni. Quel giorno, però, erano veri. Nessuno di noi ebbe tempo per la paura. Dovevamo trovare una soluzione e farlo al più presto». Alfredo Gragnano, addetto alle teletrasmissioni, si trovava nella sala controllo della centrale nucleare del Garigliano quando avvenne, forse, il più grave dei dieci incidenti importanti segnalati dall’allora Cnen nella storia dell’impianto. Era il novembre
del 1979 e un’alluvione minacciava la centrale. «L’acqua continuò a salire ed era già penetrata nei piani interrati dei serbatoi. A mezzogiorno con i mezzi anfibi dei vigili del fuoco, fu evacuata parte del personale. Nell’impianto rimanemmo in pochi, una quindicina di persone in tutto. Verso le sette di sera ci fu un black out nella rete nazionale.
Il reattore era fermo per delle riparazioni e avremmo dovuto prelevare l’elettricità dalla vicina centrale idroelettrica di Suio. Avevamo la priorità, ma nulla. Anche quell’impianto era fermo a causa dell’alluvione. Fu allora che scattarono gli allarmi: i generatori di emergenza della centrale non entrarono in funzione.
A quel punto le pompe di raffreddamento erano spente e il nocciolo rischiava di fondersi. Furono minuti lunghissimi, oggi ripenso con gratitudine al tecnico che riusci a riparare il guasto in tempo». L’appuntamento è sul lungomare, poco distante dalla foce del Garigliano.
Con Alfredo Gragnano c’è Luigi De Canditiis, per trent’anni radiotecnico alla centrale. «Io resto un nuclearista convinto», chiarisce subito, «il giorno dell’incidente non ero in servizio, ma dalle analisi fatte dopo sono sicuro che non ci furono conseguenze dannose». Trent’anni dopo la centrale è ancora lì, al confine tra Lazio e Campania, un’enorme sfera bianca su cui svetta un altissimo camino. Spunta lungo una stradina
che attraversa la piana del Garigliano. Tutt’intorno, campagna.
A duecento metri una sbarra e una rete di filo spinato impediscono di avvicinarsi oltre. É spenta dall’82. Oggi la Sogin, società incaricata della dismissione dei vecchi impianti atomici, assicura che «lo smantellamento
avverrà in modo sostenibile, adottando i più alti standard di sicurezza». In mancanza di un deposito nazionale, resta però da capire quando e, soprattutto, dove finiranno le migliaia di fusti radioattivi stipati
ancora nell’impianto.
Vista da fuori la centrale divide nuclearisti e anti-nuclearisti.
«Ha prodotto danni incalcolabili», denuncia Giulia Casella, memoria
storica di Legambiente, «Pochi giorni dopo l’alluvione 25 vitelli furono trovati morti. Il professore Alfredo Petteruti, con le facoltà di veterinaria di Napoli, Agraria di Portici e Biologia di Roma, effettuò una ricerca comparata sugli allevamenti della zona, documentando una crescita esponenziale di malformazioni gravi». La Sogin risponde con uno studio realizzato dall’Università di Caserta nel 2003 nel quale si sostiene che «l’impatto della centrale nucleare sull’ambiente è stato del tutto trascurabile». E’ uno scontro condotto a colpi di perizie, finito talvolta in tribunale, che vede gli esperti schierati su fronti opposti senza né vincitori
né verità definitive.
Le voci di dentro, quelle dei tecnici che vi lavoravano, offrono, intanto, uno spaccato di quella che fu la prima avventura atomica all’italiana. «Era una centrale sperimentale e noi ne siamo stati i pionieri - racconta Luigi- il personale era sottoposto ad analisi mensili e non ho mai temuto per la mia salute. Basta calcolare i rischi e essere informati. Certo alla luce dei progressi tecnologici il nostro era un ferro vecchio».
Se non nella forma, sicuramente nella sostanza, quello che era stato detto al Comitato del Congresso
americano per l’Energia Atomica dagli ingegneri Hubbard e Brindebaugh già nel 1975. I due, dopo essersi dimessi dal ruolo di responsabili tecnici della General Eletric, la società che aveva progettato la centrale del Garigliano, dichiararono che quel tipo di reattore non offriva garanzie.
Troppi rischi. Ma in Italia di quelle testimonianze non si tenne conto. Anzi. «Gli ultimi due anni di attività (dal ‘76 al ‘78 n.d.r.) furono quelli di massima produzione - continua Luigi
- passammo da uno standard di 100 megawatt a 160. Un po’ come guidare un auto con il piede
sempre premuto sull’acceleratore.
Si voleva recuperare il terreno perso nei primi anni».
Quella corsa si arrestò per un’avaria. Due anni dopo un rapporto della Commissione consultiva per la sicurezza nucleare elencava gli interventi necessari per rimettere in moto il reattore. Tra questi, anche un nuovo sistema di raffreddamento di emergenza. Un accorgimento suggerito, forse, dall’incidente del novembre ‘79. Al Garigliano arrivarono tecnici giapponesi, ma i lavori non si fecero mai. I costi troppo alti imposero lo stop definitivo. «Mi spaventava l’incoscienza - dice Alfredo - ebbi modo di leggere rapporti riservati di quegli anni. Scoprì che nel nucleo, alcune barre di uranio, il combustibile previsto per la nostra centrale, erano state sostituite con combustibile contenente plutonio. Allora non ebbi il coraggio di denunciare per paura di essere licenziato».
Il collega conferma: «Era una notizia che circolava tra i dipendenti della centrale.
La cosa non mi sorprendeva, del resto dovevamo sperimentare». Qualche errore, però, lo ammette,
«i materiali potenzialmente contaminati, come tute da lavoro
e attrezzi, venivano chiusi in sacchi e gettati in fosse. Le chiamavamo trincee, funzionavano
come comuni discariche. Nel percolato che producevano furono riscontrate particelle radioattive».
Un fatto denunciato dal neonato Comitato antinucleare del Garigliano.
Dopo l’annunciato ritorno all’energia atomica, ventuno sindaci del comprensorio sono scesi in campo schierandosi con gli ambientalisti.
«Chiediamo che venga effettuata una seria indagine epidemiologica e si proceda in tempi rapidi alla dismissione» spiega Antonio Raimondi, primo cittadino di Gaeta.
In un documento politico congiunto si legge: «la centrale ha causato ingenti danni agli abitanti con l’aumento dell’incidenza di tumori e malformazioni;
come rivelato da campagne radioecologiche dell’Enea, ha contaminato oltre 1700 kmq di mare con cesio 137 e cobalto 60».
Il lungomare è affollato dai bagnanti.
Della denuncia dei sindaci sulla presenza di metalli radioattivi in mare d’altra parte non c’è traccia. Né un avviso, né un divieto di balneazione.
Luigi sorride: «non c’è da temere».

giovedì 28 ottobre 2010

RIUNIONE

Il Comitato si riunisce
alle ore 20:00 di domani venerdì 29 ottobre 2010

presso l'oratorio della chiesa dell'Annunziata a Minturno.

Uno dei temi di cui si parlerà sarà la ricerca di una modalità per formulare la richiesta di un riconoscimento ufficiale del Comitato, fatto rinviato più volte in attesa di un miglior compattamento del gruppo e di un arricchimento, da parte dei componenti, di nozioni e competenze in parte ora raggiunte.
Auspichiamo partecipazione e proposte.

giovedì 14 ottobre 2010

Lavori al D1 14 ottobre 2010

RIPRENDONO I LAVORI DEL DEPOSITO DI SCORIE RADIOATTIVE PRESSO LA CENTRALE NUCLEARE DEL GARIGLIANO

COMUNICATO STAMPA

Sono ripresi venerdì 1 e sabato 2 ottobre i lavori per la costruzione del deposito di superficie per lo stoccaggio delle scorie radioattive denominato “D1” presso la vecchia centrale del Garigliano. Tale deposito è considerato temporaneo e la sua costruzione era già prevista in un’ordinanza del 2006.

Il deposito, secondo i piani della SO.G.I.N.,viene realizzato per mettere in sicurezza il materiale radioattivo ancora conservato nelle trincee, ovvero interrato nel perimetro dell’impianto, e per procedere con il decommissionig, cioè con lo smantellamento, della centrale.

Tale deposito “D1” viene ritenuto temporaneo in attesa della costruzione del deposito nazionale di scorie dove conferiranno tutti i materiali radioattivi presenti in Italia, per ora stoccati nei vecchi impianti o in altre strutture adibite a conservarle, oppure in attesa di ritornarvi dopo aver subito all’estero procedimenti di riprocessamento.

Poiché da parte del Governo e degli organismi nazionali competenti non giungono notizie ufficiali circa l’individuazione del sito per la costruzione del deposito nazionale, mentre viceversa sui giornali e sul web continuano a susseguirsi notizie ufficiose che individuano proprio presso la vecchia centrale del Garigliano tale localizzazione, il Comitato antinucleare Garigliano chiede che venga fatta chiarezza al più presto sulla questione.

Se da una parte infatti il deposito temporaneo D1 è necessario per procedere con lo smantellamento dell’impianto nucleare, in assenza di un deposito nazionale, tale struttura temporanea “D1” rischia invece di assumere carattere definitivo, in un territorio come la piana del Garigliano considerato dal Ministero dell’Ambiente stesso a rischio idrogeologico, classificato come zona sismica di grado secondo e che inoltre ha subito già gravi conseguenze ambientali per i diversi incidenti occorsi alla centrale durante il suo funzionamento.

Il Comitato antinucleare Garigliano considera quindi prioritario che le istituzioni preposte informino, senza ulteriori e colpevoli ritardi, la popolazione e le amministrazioni locali circa le reali intenzioni del Governo sul futuro del sito nucleare del Garigliano, confrontandosi pubblicamente con i cittadini dei comuni interessati, come previsto dalla legge n.99 del 23 luglio 2009.

Inoltre chiediamo:

A) che vengano rispettate tutte le norme atte ad evitare che durante la costruzione del deposito, lo scavo del materiale contenuto nelle trincee, lo smantellamento del materiale radioattivo ancora presente nella centrale, la sua preparazione, collocazione e conservazione all’interno del deposito, venga messa a rischio la salute della popolazione attraverso la dispersione di materiale contaminato;

B) che il deposito temporaneo “D1” non ospiti al suo interno materiale radioattivo proveniente da siti diversi da quello della centrale nucleare del Garigliano;

C) che nel perimetro della centrale non vengano costruiti altri depositi temporanei contenenti materiale radioattivo proveniente da siti esterni al Garigliano;

D) che vengano rispettate le norme di trasparenza e di confronto con la popolazione, secondo cui il potere decisionale è condiviso tra cittadini, enti e amministrazioni nazionali e locali, come previsto dalla suddetta Legge 99/2009, dalla Convenzione IAEA del 1997 e dalla Direttiva UE del 3 marzo 1997 (n.97/11/EC che aggiorna la precedente direttiva 85/337/EEC) che prescrive:

1. che ogni stato membro fornisca tutte le informazioni riguardanti progetti pubblici o privati (espressamente compresi quelli relativi al maneggio e conservazione dei rifiuti nucleari) siano rese di pubblico dominio al fine di garantire alle popolazioni interessate la possibilità di esprimere le loro opinioni prima che il progetto sia approvato (Art. 6),

2. che una volta approvato o rifiutato il progetto, le autorità competenti devono informare il pubblico e devono fornire informazioni riguardo al contenuto della decisione e alle ragioni e considerazioni che l’hanno determinata (Art.9);

Come previsto dalla Convenzione di Aarhus del 25 Giugno 1998 che stabilisce:

1. Nell’ambito della legislazione nazionale di ciascun paese, devono essere emanati provvedimenti volti a rendere disponibili tutte le informazioni su richiesta del pubblico (singole persone o associazioni) e che tale messa a disposizione deve essere realizzata al massimo entro un mese dalla richiesta. (Art. 4)

2. Le autorità pubbliche di qualsiasi livello devono essere messe a conoscenza di tutte le informazioni disponibili in materia. Devono essere stabilite procedure obbligatorie per assicurare un adeguato flusso di informazioni verso le autorità pubbliche. Le informazioni devono essere disponibili inqualsiasi forma compresa quella elettronica. (Art.5)

3. Devono essere previste e specificate le modalità di partecipazione del pubblico, con particolare riferimento alle popolazioni direttamente coinvolte, al processo decisionale in materia di legislazione ambientale (Art.6) per tutti i progetti elencati nell’allegato I della Convenzione che alla tipologia “Settore energetico” prevede espressamente: lo stoccaggio definitivo del combustibile irraggiato; lo stoccaggio definitivo di rifiuti nucleari; l’immagazzinamento (per più di dieci anni) di combustibile irraggiato o rifiuti radioattivi in un sito differente da quello di produzione.

4. La possibilità per le popolazioni direttamente coinvolte di fare ricorso agli organi di giustizia (Art.9)

Inoltre, sulla base dei riferimenti legislativi succitati, chiediamo che il Comitato antinucleare Garigliano venga riconosciuto ufficialmente come soggetto legittimato a dialogare con gli enti e le amministrazioni locali e nazionali durante la fase di costruzione del deposito e di stoccaggio delle scorie, in quanto composto da cittadini dei comuni della piana del Garigliano che spontaneamente e a titolo personale decidono di aderirvi secondo gli articoli 17 e 18 della Costituzione della Repubblica italiana.

Il CAG non è disposto ad accettare passivamente scelte imposte dall’alto senza comprovate motivazioni ed il necessario confronto con la popolazione. Per il futuro del nostro territorio e per difendere la salute nostra e delle generazioni che verranno, vigileremo affinché il deposito D1 resti l’unico deposito temporaneo al Garigliano e faremo pressione attraverso tutti i mezzi previsti dalla Costituzione repubblicana affinché vengano stabiliti e garantiti, contestualmente alla sua costruzione, tempi e metodi per lo smantellamento dello stesso D1.

Per il Comitato antinucleare Garigliano - Giovanni Mallozzi

giovedì 16 settembre 2010

PRESADIRETTA- - NUCLEARE

COMUNICATO STAMPA

“PRESADIRETTA”

di Riccardo Iacona e di Francesca Barzini

Domenico Iannacone

TERZA PUNTATA

“NUCLEARE”

Domenica 19 settembre

Ore 21.00

Le centrali nucleari sono sicure per la salute di quelli che ci vivono attorno? Che fine fanno le centinaia di tonnellate di scorie radioattive prodotte dalle centrali ?

E infine, come sono le centrali nucleari che il Governo Berlusconi vuole far costruire in Italia?

Per rispondere a questa domanda PRESADIRETTA ha mandato i suoi inviati in Finlandia, Germania, Francia, Inghilterra, i paesi europei che da più anni convivono con l’industria nucleare dell’energia.

Con NUCLEARE PRESADIRETTA vi farà conoscere i più importanti studi scientifici internazionali sull’aumento della frequenza dei tumori attorno alle centrali nucleari ; vi farà vedere da vicino i grandi depositi di riprocessamento e di stoccaggio delle scorie in Germania, Francia e in Inghilterra, vi porterà negli unici due cantieri dell’EPR, la centrale nucleare francese di nuova generazione che l’Italia sta per comprare, per sentire cosa ne pensano i progettisti, gli ingegneri e i lavoratori che le stanno costruendo.

NUCLEARE e’ un racconto di Vincenzo Guerrizio, Riccardo Iacona, Alessandro Macina.

sabato 14 agosto 2010

Incidenti nucleari ufficialmente registrati fino alla fine del 2009

Incidenti nucleari ufficialmente registrati fino alla fine del 2009
Roma novembre 2009

Esiste una lista completa di tutti gli incidenti nucleari (ovvero che hanno interessato materiali fissili e radioattivi) e che si può consultare sul sito www.progettohumus.it. Di seguito sono riportati i principali incidenti che hanno avuto luogo presso impianti del ciclo di produzione di energia da fonte nucleare. A volte sono citati anche incidenti che hanno coinvolto impianti nucleari (specie nell’ex URSS) data la stretta connessione fra produzione di energia e produzione di materiale fissile per armi nucleari e la scarsa informazione circa i due percorsi nell’ex Unione Sovietica.


Per una migliore comprensione della gravità degli incidenti riportati, si faccia riferimento alla Scala Internazionale degli Eventi Nucleari INES (scarica in formato pdf)

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7 ottobre 1957
Sellafield (Gran Bretagna) (scala Ines 5). Un incendio nel nocciolo di un reattore a gas-grafite (GCR) genera una nube radioattiva imponente. I principali materiali rilasciati sono gli isotopi radioattivi di xenon, iodio, cesio e polonio. La nube attraversa l’Europa intera. Sono stati ufficializzati soltanto 300 morti per cause ricondotte all’incidente (malattie, leucemie, tumori) ma il dato potrebbe essere sottostimato.

Settembre 1957
Kyshtym (Unione Sovietica) (scala Ines 6). In una fabbrica di armi nucleari negli Urali, una cisterna contenente scorie radioattive prende fuoco ed esplode, contaminando migliaia di chilometri quadrati di terreno con una nube di 20 milioni di curie. Il rilascio esterno di radioattività avviene a seguito di un malfunzionamento del sistema di refrigerazione di una vasca di immagazzinamento di prodotti di fissione ad alta attività. Vengono esposte alle radiazioni circa 270mila persone. Si stimano per le conseguenze dell’incidente oltre 100 morti.

3 gennaio 1961

Idaho Falls (USA). A seguito di un incidente in un reattore sperimentale di Idaho Falls negli Stati Uniti, muoiono tre tecnici.

5 ottobre 1966
Detroit (USA). Il nucleo di un reattore sperimentale situato in un impianto vicino a Detroit si surriscalda a causa di un guasto al sistema di raffreddamento.

17 ottobre 1969
San Laurent (Francia). Un errore nelle procedure adottate per la gestione del combustibile provoca una fusione parziale a un reattore nucleare raffreddato a gas. - 1974 – Mar Caspio. Fonti di stampa segnalano un’esplosione in un impianto atomico sovietico a Shevchenko, sul Mar Caspio.

Inverno 1974/75
Leningrado (URSS). Una serie di incidenti viene segnalata nell’inverno tra il 1974 e il 1975 presso la centrale nucleare di Leningrado, in Unione Sovietica. Tre morti

accertati.

7 dicembre 1975
Lubmin (Repubblica Democratica Tedesca). Un cortocircuito nell’impianto della Centrale di Lubmin, sul litorale baltico nella Germania Orientale, provoca una parziale fusione del nucleo del reattore.

28 marzo 1979
Three Mile Island (Harrisburgh, Usa) (scala Ines 5). Il surriscaldamento di un reattore, a seguito della rottura di una pompa nell’impianto di raffreddamento, provoca la parziale fusione del nucleo rilasciando nell’atmosfera gas radioattivi pari a 15mila terabequerel (TBq). Vengono evacuate 3.500 persone.

7 agosto 1979
Tennessee (USA). La fuoriuscita di uranio arricchito da una installazione nucleare segreta provoca la contaminazione di oltre 1.000 persone. Vengono registrati nella popolazione valori di radioattività fino a cinque volte superiori alla norma.

Marzo 1981
Tsuruga (Giappone). 280 persone vengono contaminate a causa di una fuga di residui radioattivi nella centrale di Tsuruga, in Giappone. Un mese dopo le autorità comunicano che 45 operai sono stati esposti a radioattività nel corso delle operazioni per la riparazione della centrale.

Novembre 1983
Sellafield (Gran Bretagna). Lo scarico di liquidi radioattivi nel Mare d’Irlanda provoca la reazione di cittadini ed ecologisti, che sollecitano la chiusura della centrale nucleare di Sellafield, in Gran Bretagna.

6 gennaio 1986
Oklahoma (USA). Un operaio muore e altri 100 restano contaminati a seguito di un incidente che si sviluppa in una centrale atomica in Oklahoma, negli Stati Uniti.

26 aprile 1986

Cernobyl (Ucraina) (scala Ines 7). L’incidente nucleare in assoluto più grave di cui si abbia notizia. Il surriscaldamento provoca la fusione del nucleo del reattore e l’esplosione del vapore radioattivo, che sotto forma di una nube per un’attività di circa un miliardo di miliardi di Bequerel di prodotti di fissione si disperde nell’aria. Centinaia di migliaia di persone, soprattutto nella vicina Bielorussia, sono costrette a lasciare i territori contaminati. L’intera Europa viene esposta alla nube radioattiva e per milioni di cittadini europei aumenta il rischio di contrarre tumori e leucemia. Non esistono ancora oggi dati ufficiali e definitivi sui decessi ricollegabili alla tragedia.

Febbraio 1991
Mihama (Giappone). La centrale nucleare riversa in mare 20 tonnellate di acqua altamente radioattiva

24 marzo 1992
San Pietroburgo (Russia). A seguito della perdita di pressione nella centrale di Sosnovy Bor nei pressi di San Pietroburgo, fuoriescono e si disperdono in atmosfera iodio e gas radioattivi.
Novembre 1992
Forbach (Francia). Un grave incidente nucleare causa la contaminazione radioattiva di tre operai. I dirigenti dell’impianto vengono accusati l’anno successivo di non aver approntato le misure di sicurezza previste.

13 febbraio 1993
Sellafield (Gran Bretagna). Fuga radioattiva nell’impianto di riprocessamento di Sellafield. La densità massima di radionuclidi dello iodio consentita viene superata di oltre tre volte.

17 febbraio 1993

Barsebaeck (Danimarca). Uno dei reattori della centrale nucleare viene temporaneamente fermato a causa della fuoriuscita accidentale di vapore radioattivo.

Aprile 1993
Siberia (Russia). Un incendio nel complesso chimico di Tomsk-7 colpisce un serbatoio di uranio. Risultano contaminati circa 1.000 ettari di terreno. La nube radioattiva si dirige verso zone disabitate.

23 marzo 1994
Biblis (Germania). Una falla nel circuito primario di un reattore della centrale fa uscire liquido altamente contaminato.

28 giugno 1994
Petropavlosk (Russia). Fuga di materiale radioattivo nella baia di Seldevaia a causa della rottura di un deposito di elementi di combustibile.

Novembre 1995
Cernobyl (Ucraina) (scala Ines 3). Un’avaria al sistema di raffreddamento del reattore n.1 di Cernobyl causa un incidente nel quale la radioattività si disperde e contamina gli operai impegnati nella manutenzione.

8 dicembre 1995
Monju (Giappone). Due tonnellate di sodio liquido e altro materiale radioattivo fuoriescono dal reattore nucleare prototipo di Monju nella prefettura di Fukui a causa di un malfunzionamento al sistema di raffreddamento. L’impianto è costituito da un reattore autofertilizzante a neutroni veloci FBR.

Febbraio 1996
Dimitrovgrad (Federazione Russa). Un addetto causa la rottura della valvola di sicurezza di uno dei reattori del centro di ricerche atomiche. Fuoriesce una nube radioattiva contenente soprattutto radioisotopi di manganese.

Marzo 1997
Tokaimura (Giappone). Un incendio e un’esplosione nel reattore nucleare nell’impianto di ritrattamento nucleare di Tokaimura contamina almeno 35 operai.

Giugno 1997
Arzamas (Russia). Un incidente nel centro ricerche porta i materiali radioattivi sull’orlo di una reazione a catena. Si sviluppa una nube radioattiva a seguito della

quale muore il responsabile dell’esperimento.

Luglio 1997
La Hague (Francia). Il comune di Amburgo denuncia presenza di radioattività nell’acqua scaricata nella Manica dall’impianto di trattamento francese di La Hague. La Francia smentisce, ma il presidente della Commissione di controllo si dimette.

1 maggio 1998
Catena delle Alpi. Le autorità di controllo francesi scoprono elevati livelli di contaminazione da cesio 137 sulle Alpi, causati dal passaggio di rottami ferrosi provenienti dall’Europa dell’Est.

30 settembre 1999
Tokaimura (Giappone) (scala Ines 4). Un incidente in una fabbrica di combustibile nucleare attiva una reazione a catena incontrollata. Viene accertato che si tratta di un errore umano: due operai hanno trattato materiali radioattivi in contenitori non idonei. Tre persone muoiono all’istante, mentre altre 439, di cui 119 in modo grave, vengono esposte alle radiazioni. Vengono ricoverati in 600 ed evacuati 320mila abitanti della zona.

4 ottobre 1999
Wolsong (Corea del Sud). Una fuoriuscita di acqua pesante durante lavori di manutenzione della Centrale nucleare causa l’esposizione alle radiazioni di 22 operai impiegati presso l’impianto.

5 ottobre 1999
Centrale di Loviisa (Finlandia). Viene segnalata una perdita di idrogeno nella centrale nucleare, sulla costa Finlandese. Secondo i tecnici della centrale c’è stato un pericolo di incendio e perdite. La situazione, secondo gli addetti, è rimasta comunque sotto controllo.

8 ottobre 1999
Rokkasho (Giappone). Una piccola quantità di materiale radioattivo fuoriesce da un deposito di scorie a Rokkasho, nella prefettura giapponese di Aomori. Le radiazioni provengono da due fusti arrivati dalla centrale nucleare di Ekushima.

20 ottobre 1999
Superphenix (Francia). Un incidente tecnico ritarda lo smantellamento del reattore a neutroni rapidi Superphenix di Creys-Malville (Isere), nel Sud-Ovest della Francia. Nell’operazione di scarico del reattore un inconveniente tecnico a una puleggia per l’estrazione delle cartucce di combustibile arresta la fase di scarico del materiale radioattivo.

13 dicembre 1999
Zaporozhe (Ucraina). Il primo dei sei reattori nucleari della centrale nucleare viene fermato per il malfunzionamento dei uno dei segnalatori di eccessiva pressione.

5 gennaio 2000
Blayais (Francia) (scala Ines 2). Una tempesta provoca un incidente alla centrale nucleare, nella Gironda, dove due dei quattro reattori vengono fermati. L’acqua invade alcuni locali della centrale: danneggiati pompe e circuiti importanti.


27 gennaio 2000
Giappone. Un incidente a una installazione per il riprocessamento dell’uranio provoca livelli di radiazione 15 volte superiori alla norma in un raggio di circa 1,2 miglia. Funzionari locali segnalano che almeno 21 persone sono state esposte alle radiazioni.

15 febbraio 2000
Indian Point (USA). Una piccola quantità di vapore radioattivo fuoriesce dal reattore Indian Point 2 vicino alla cittadina di Buchanan sul fiume Hudson, località a circa 70 chilometri da New York. La perdita di gas radioattivo costringe la società che gestisce l’impianto a chiudere la centrale e a dichiarare lo stato di allerta. La perdita è di circa mezzo metro cubo di vapori radioattivi.

10 aprile 2003
Paks (Ungheria) (scala Ines 3). L’unità 2 del sito nucleare di Paks (costituito da quattro reattori è l’unico in Ungheria a 115 chilometri da Budapest) subisce il surriscaldamento e la distruzione di trenta barre di combustibile altamente radioattive. Solo un complesso intervento di raffreddamento scongiura il pericolo di un’esplosione nucleare, limitata ma incontrollata con gravi conseguenze per l’area intorno a Paks.

9 agosto 2004
Mihama (Giappone). Nel reattore numero 3 nell’impianto nucleare, 350 chilometri a ovest di Tokyo, una falla provoca la fuoriuscita di vapore ad alta pressione che raggiunge i 270 gradi provoca quattro morti tra gli operai. Altri sette lavoratori vengono ricoverati in fin di vita. È l’incidente più tragico nella storia nucleare del Giappone. La centrale viene chiusa.

9 agosto 2004
Shimane (Giappone). Scoppia un incendio nel settore di smaltimento delle scorie in una centrale nella prefettura di Shimane.

9 agosto 2004
Ekushima-Daini (Giappone). L’impianto viene fermato per una perdita d’acqua dal generatore.

Aprile 2005
Sellafield (Gran Bretagna). Viene denunciata la fuoriuscita di oltre 83mila litri di liquido radioattivo in 10 mesi a causa di una crepa nelle condotte e di una serie di errori tecnici.

Maggio 2006
Laboratori Enea di Casaccia (Italia). Fuoriuscita di plutonio, ammessa solo quattro mesi dopo, che ha contaminato sei persone addette allo smantellamento degli impianti.

Maggio 2006
Mihama (Giappone). Ennesimo incidente con fuga di 400 litri di acqua radioattiva nella ex centrale nucleare di Mihama.

26 luglio 2006
Oskarshamn (Svezia) (scala Ines 2). Corto circuito nell’impianto elettrico della centrale a 250 chilometri a sud di Stoccolma per cui due dei quattro generatori di riserva non sono stati in grado di accendersi. Vengono testate tutte le centrali nucleari

del Paese e quella di Forsmark viene spenta.

7 ottobre 2006
Kozlodui (Bulgaria). Viene intercettato un livello di radioattività venti volte superiore ai limiti consentiti e le verifiche portano a scoprire una falla in una tubazione ad alta pressione. La centrale, che sorge nei pressi del Danubio, scampa a una gravissima avaria. Secondo la stampa locale la direzione cerca di nascondere l’accaduto e di minimizzarlo nel rapporto all’Agenzia nazionale dell’Energia Atomica.

28 giugno 2007
Kruemmel (Germania). Scoppia un incendio nella centrale nucleare di Krummel, nel nord della Germania vicino ad Amburgo. Le fiamme raggiungono la struttura che ospita il reattore e si rende necessario fermare l’attività dell’impianto. In pochi mesi si verificano avarie anche nelle centrali di Forsmark, Ringhals e Brunsbuttel. Secondo il rapporto 2006 del ministero federale dell’Ambiente, l’impianto di Kruemmel è il più soggetto a piccoli incidenti tra le 17 centrali. Stando ai piani di uscita dal nucleare, fissati in una legge del 2002, il reattore dovrebbe essere spento al più tardi nel 2015.

16 luglio 2007
Kashiwazaki (Giappone). La centrale nucleare di Kashiwazaki-Kariwa, la più grande del mondo che fornisce elettricità a 20 milioni di abitanti, viene chiusa in seguito ai danneggiamenti provocati dal terremoto. L’Agenzia di controllo delle attività nucleari giapponesi ammette una serie di fughe radioattive dall’impianto, ma precisa che si tratta di iodio fuoriuscito da una valvola di scarico. Il direttore generale dell’AIEA, Mohammed El Baradei, dice che il sisma: “è stato più forte di quello per cui la centrale era stata progettata”. Il terremoto provoca un grosso incendio in un trasformatore elettrico, la fuoriuscita di 1.200 litri di acqua radioattiva che si riversano nel Mar del Giappone e una cinquantina di altri incidenti. Si teme che la faglia sismica attiva passi proprio sotto la centrale.

28 Novembre 2007
Slovacchia. La polizia slovacca arresta due ungheresi ed un ucraino con un Kg. di 235U in polvere proveniente dall’ex URSS. L’uranio viene considerato “weapon grade” se arricchito all’85%.

12 Maggio 2008
Cina. Un terremoto devastante (60.000 vittime) arreca danni alle centrali nucleari cinesi situate nella regione dello Sichuan, che è una regione ad alta densità per quanto riguarda la presenza di questi impianti. Nelle vicinanze dell’epicentro del terremoto ci ne sono almeno cinque impianti di natura sia civile che militare. A Guangyuan che è la zona dove il sisma ha colpito con più violenza, c’è l’impianto 821 che è un impianto per la produzione di plutonio per le testate nucleari. Gli esperti cinesi hanno dichiarato che le centrali nucleari avrebbero riportato solo lievi danni, ma alcuni dubbi e preoccupazioni restano, anche perché alcune centrali sono situate lungo il corso dei fiumi e la radioattività rischierebbe di diffondersi dall’acqua alle culture, tramite l’irrigazione agricola. Pechino, comunque, insiste nell’affermare che tutti i siti nucleari nell’area colpita dal sisma del 12 maggio sono sicuri. Ma Wu Xiaoqing, vice ministro dell’Ambiente, dice che gli esperti stanno ancora cercando di rendere sicure circa 15 "sorgenti" di radiazioni. Dopo il sisma, le autorità avevano detto che 32 siti radioattivi erano rimasti sepolti nel terremoto, ma Wu oggi ha affermato che il numero di questi luoghi potenzialmente radioattivi è salito a 50. Trentacinque di questi sono già stati

neutralizzati ma non ha precisato dove si trovano quelli ancora pericolosi. Tre, secondo quanto ha detto il vice-ministro, sono ancora sepolti e non raggiungibili mentre gli altri 12, anche se ancora inaccessibili, sono sotto monitoraggio. Smarrite inoltre, in seguito al terremoto, fonti ospedaliere ed industriali.

4 Giugno 2008
Krsko, Slovenia: perdita di liquido dal sistema di raffreddamento della centrale slovena nucleare.

6 Giugno 2008
Ucraina: rottura di un tubo di raffreddamento in una centrale non lontana dal confine polacco (incidente rivelato una settimana dopo)

14 Giugno 2008
Fukushima, Giappone. In seguito ad una scossa i terremoto di scala 7,2 gradi Richter, nella centrale nucleare di Fukushima, nell’omonimo distretto, dove operano due reattori gemelli per una potenza complessiva di 9.096 megawatt, la compagnia gestrice, la Tokyo Electric Power Co. (Tepco), rende noto che si è verificata una piccola fuoriuscita - 14,8 litri in tutto - di acqua leggermente radioattiva da una vasca in un deposito di stoccaggio di scorie.

2 Luglio 2008
Spagna. Un incidente dopo l’altro: quattro degli otto reattori nucleari spagnoli registrano disfunzioni in meno di 72 ore. Per motivi differenti, ma senza pericolo per le persone o l’ambiente, gli incidenti si sono prodotti tra il 28 giugno e il primo luglio. Per le organizzazioni ambientaliste la causa è da attribuire alla scadente cultura della sicurezza con la quale Iberdola e Endesa, proprietarie delle quattro centrali colpite, gestiscono gli impianti. Il "Consejo de Seguridad Nuclear" (Csn), organismo che controlla la sicurezza nucleare, attribuisce invece gli incidenti a una "sfortunata casualità". I proprietari delle centrali sminuiscono l’accaduto, sottolineando che la sicurezza delle installazioni non è stata colpita. Tre degli incidenti registrati sono avvenuti in tre reattori situati a Tarragona, nel nord-est della Spagna, gestiti dalla Associazione Nucleare Asco-Vandellos (Anav), proprietà di Iberdola e Endesa.

5 Luglio 2008
Tricastin, Francia. Denuncia della CRIIRAD: più di 770 tonnellate di rifiuti radioattivi sotterrati, per più di 30 anni, direttamente nel terreno nel sito nucleare di Tricastin.

7 Luglio 2008
Tricastin, Francia. Fuga di una soluzione contenente uranio in una fabbrica del sito nucleare di Tricastin a Bollène (Vaucluse). Circa 30 metri cubi di soluzione di uranio si sono versati sul suolo, una parte all’interno dello stabilimento ed un’altra nelle acque della Gaffière e poi dell’Auzon. Vietati il consumo di acqua, di pesce, l’irrigazione, i bagni e gli sport nautici ed acquatici.

13 Luglio 2008
Cofrentes, Spagna. Nuovo incidente alla centrale nucleare: viene registrato un aumento di potenza non programmata superiore al 20% di quella autorizzata. Fortunatamente i sistemi di sicurezza hanno impedito fughe radioattive e quindi non ci sono rischi per i dipendenti dell’impianto, i residenti e l’ambiente. Si è trattato però del quarto incidente in 12 giorni a Cofrentes, ricorda il quotidiano spagnolo "El Mundo", il 27esimo in tre

anni.

Metà luglio 2008
Rivne, Ucraina nord occidentale. 15 luglio: viene fermato reattore n. 4 per problemi di alimentazione. Alcuni giorni dopo: viene spento il reattore n. 3 a causa di una riduzione dei livelli di acqua nel generatore di vapore.

17 Luglio 2008
Tricastin, Francia. A 2 km a sud del sito nucleare, 9 giorni dopo la fuga di uranio a Tricastin, 4 punti di prelievo d’acqua in profondità, falde freatiche e pozzi privati, dimostrano una concentrazione di uranio superiore alla soglia massima fissata dall’Organizzazione mondiale della sanità di 15 microgrammi per litro.

18 Luglio 2008
Romans-sur-Isere, Francia. Fuoriuscite di acque contaminate da elementi radioattivi, sono state registrate in un impianto della Areva a Romans-sur-Isere, nel dipartimento della Drome, nel sud-est della Francia. Lo ha reso noto questa mattina l’ASN sutorithy francese per la sicurezza nucleare (Autorité de sûreté nucléaire, Asn). La fuoruscita delle acque contaminate è stata causata da una rottura nel sistema di canalizzazione.

23 Luglio 2008
Tricastin, Francia. Contaminati cento operai. Sono stati irradiati da cobalto 58. La perdita si è verificata alla tubatura del reattore numero 4, fermo per manutenzione. Si tratta del terzo incidente nucleare nella regione in meno di sedici giorni.

29 Luglio 2008
Tricastin, Francia. Evacuati i 127 dipendenti della centrale nucleare, dopo che è scattato un allarme interno. I 45 più vicini all’area dove è scattato il segnale di pericolo sono stati portati in infermeria. L’esame di due persone ha rilevato lievi tracce di contaminazione radioattiva. "Non c’è un incidente, si è trattato di un allarme intempestivo", ha detto il portavoce della società elettrica francese.

6 Agosto 2008
Tricastin, Francia. Reso noto un incidente di un mese prima. Il 4 luglio 2008 si sono avute emissioni di scorie di carbonio 14 alla fabbrica Socatri (Areva) sul sito in cui già quattro volte è scattato l’allarme. L’ASN, pur classificando l’incidente all’ormai solito livello 1, ha "vietato alla Socatri qualsiasi attività che generi scorie di carbonio 14 fino alla fine del 2008". Infatti, il limite consentito per l’anno intero è già stato superato del 5%

21 Agosto 2008
Pierrelatte, Francia. Segnalata una perdita di "piccole quantità di uranio" durante dei lavori per la modernizzazione degli impianti di canalizzazione e per la costruzione di un nuovo centro di conversione dell’uranio presso la centrale di Pierrelatte, situata nel Dipartimento della Drome, nel Sud della Francia. Secondo quanto riferisce la Comurhex, filiale della Areva, giovedì si è verificata una perdita di "piccole quantità di uranio" durante dei lavori presso lo stabilimento di Pierrelatte. Ma la società assicura: “Nessun rischio per il personale”

Settembre 2008
Oak Harbor, Ohio, USA. Durante uno scavo viene scoperta una perdita radioattiva di

Trizio da uno dei tubi della centrale di Davis-Besse.

21 Settembre 2008
Lake Township, Michigan, USA. Chiusa una delle due unità della centrale Donald Cook a causa di un piccolo incendio sviluppatosi, per cause ignote, in una delle sezioni non nucleari (il generatore di una turbina). Non evidenziate fughe radioattive.

10 Ottobre 2008
Cherbourg, Francia. Una "fuoriuscita di materia" si verifica all’interno del sito per la rigenerazione dei combustibili nucleari di La Hague. Il fatto è stato notificato due settimane dopo. Si tratta del quarto incidente livello 1 registrato nello stesso stabilimento dall’inizio dell’anno. La fuoriuscita di materia è avvenuta nel corso del riempimento di contenitori di plutonio: "La materia è rimasta confinata all’interno del locale dove si svolgeva l’operazione. Le operazioni di riempimento sono state bloccate e la materia recuperata" secondo il comunicato, dell’Autorità francese di sicurezza nucleare.

12 Ottobre 2008
Marcoule, Francia. Durante lo scarico automatico di pastiglie di combustibile, un operatore constata che il loro numero è superiore a quello previsto e dà l’allarme. Incidente classificato a livello 1 della scala INES. Ne verrà data notizia solo il 14 novembre successivo.

22 Ottobre 2008
Vermont, USA. Una perdita di contaminanti radioattivi costringe all’evacuazione di 25 lavoratori. La contaminazione avviene durante le procedure di refueling; sembra che uno degli elementi di copertura del reattore sia stato appoggiato vicino all’impianto di ventilazione così che le particelle radioattive si sono sparse in giro per la centrale.

Novembre 2008
Oskarshamn, Svezia. Uno dei reattori della centrale nucleare viene fermato dopo che sono state trovate fratture in almeno cinque delle 90 barre di controllo.

16 Dicembre 2008
Francia. I laboratori di tutte le centrali nucleari francesi, censiti per fare continue misure attorno alle installazioni in questione, risultano inadeguati: l’ASN (Autorità di sicurezza nazionale) ne sospende o revoca l’autorizzazione. Le centrali, senza più controllo, dovrebbero essere fermate. Nessuna denuncia ufficiale. Lo scandalo viene smascherato dalla rete "Sortir du nucléaire" solo il 12 gennaio 2009, dopo quasi un mese di mancato controllo sulle emissioni delle centrali nucleari.

11 Febbraio 2009
Francia. Un’indagine di France 3 denuncia che 300 milioni di tonnellate di rifiuti radioattivi provenienti dalle miniere di uranio francesi, sono stati utilizzati come materiali da costruzione, nel corsi di decenni passato, per costruire case, scuole e aree gioco per bambini. In pratica sono stati disseminati nelle campagne e perfino in vicinanza dei centri abitati.

8 ottobre 2009
Prefettura di Fukui, Giappone. Fuoriuscita di liquido radioattivo dalla centrale di Fugen. Un operaio è stato esposto a radiazioni mille volte superiori al livello standardstabilito dal governo giapponese.

(Fonte: http://www.amicidellaterra.it/adt/index2.php?option=com_content&do_pdf=1&id=663)

domenica 8 agosto 2010

Approvato conto energia 2011


Approvati conto energia 2011 e linee guida rinnovabili

I due attesi provvedimenti, conto energia fotovoltaico e linee guida amministrative per l'autorizzazione unica ad impianti a fonti rinnovabili, sono stati approvati il 9 luglio dopo la conferenza Stato-Regioni. Regioni ed Enti locali dovranno recepire le Linee guida entro i 90 giorni dalla pubblicazione del testo. Intanto, in salvo i certificati verdi, sebbene con un loro ridotto impatto a partire dalle competenze 2011.

Il conto energia fotovoltaico e le Linee guida amministrative per le fonti rinnovabili sono stati approvati ieri 9 luglio dalla Conferenza Stato–Regioni. A breve i provvedimenti, predisposti dal Ministero dello Sviluppo Economico di concerto con il Ministero dell’Ambiente, saranno pubblicati in Gazzetta (pubblicheremo già nei prossimi giorni la versione ufficiale di entrambi).

Il nuovo conto energia a partire dal 2011 prevede una riduzione delle tariffe (vedi ultima formulazione), contenuta per i piccoli impianti e più marcata per i grandi impianti, rispetto a quelle attualmente operative. Per gli impianti che entrano in esercizio nel 2012 e nel 2013 le tariffe saranno decurtate ulteriormente del 6% ogni anno. Per gli anni successivi si provvederà con un nuovo decreto (potenza incentivabile con questo decreto è 3mila megawatt).

Il provvedimento prevede la novità di incentivi al fotovoltaico a concentrazione, alle installazioni con sistemi di accumulo e a quelle ad alta integrazione architettonica.
Secondo il provvedimento l’obiettivo atteso per il fotovoltaico al 2020, ai fini del suo contributo al target nazionale, è una potenza di 8.000 MW, molto inferiore a quanto indicato dagli operatori del settore (circa 15mila MW, considerando che già a fine anno saremo intorno ai 2.500 MW).

Le Linee Guida nazionali che sono state approvate dalla Conferanza unificata riguardano l'Autorizzazione Unica per la realizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili (principali contenuti del provvedimento*). L’obiettivo in sintesi è di definire modalità e criteri unitari sul territorio nazionale per assicurare uno sviluppo ordinato sul territorio delle infrastrutture energetiche. Lo scopo di definire tali Linee Guida è soprattutto di dare regole certe che possano favorire gli investimenti e consentono di coniugare le esigenze di crescita e il rispetto dell’ambiente e del paesaggio. Questo provvedimento è stato predisposto, oltre che dal Ministro dello sviluppo di concerto con il Ministro dell’ambiente, anche dal Ministro per i Beni e le Attività Culturali. Le Regioni e gli Enti Locali – a cui oggi è affidata l’istruttoria di autorizzazione – dovranno recepire le Linee guida entro i 90 giorni successivi alla pubblicazione del testo.

Intanto l’8 luglio è stato parzialmente salvato il ritiro da parte del Gestore dei Servizi Energetici (GSE) dei certificati verdi in eccesso sul mercato. La Commissione Bilancio ha infatti approvato l'emendamento con la nuova versione del contestato articolo 45 della manovra, redatto dal relatore Antonio Azzollini (Pdl), che stabilisce infatti che per "contenere gli oneri generali di sistema gravanti sulla spesa energetica di famiglie e imprese" e "promuovere le fonti rinnovabili", si "assicura che l'importo complessivo derivante dal ritiro da parte del GSE dei certificati verdi", a decorrere "dalle competenze dell'anno 2011, sia inferiore del 30% rispetto a quello relativo alle competenze dell'anno 2010, prevedendo che almeno l'80% di tale riduzione derivi dal contenimento della quantità di certificati verdi in eccesso". Questa misura, spiega la relazione tecnica, "non comporta effetti sui saldi di finanza pubblica".

L'emendamento interviene anche sul Cip6, il sistema di incentivi ai produttori di energia da fonti rinnovabili e assimilate. Le risorse derivanti dalle risoluzioni anticipate delle convenzioni Cip6 saranno destinate ad un fondo del Ministero dell'Istruzione per interventi nel settore della ricerca e dell'università.

Sembra inoltre che entro luglio partiranno i lavori del tavolo sulle energie rinnovabili chiesto e ottenuto dagli Enti locali. Lo riferisce Enrico Borghi, presidente dell'Uncem, a margine della conferenza unificata che ha avuto luogo al ministero degli Affari regionali. "Il sottosegretario Saglia si è impegnato a farlo partire entro il mese. E' un risultato importante - osserva Borghi - perché le autonomie locali stanno investendo e serve una regia". Il tavolo servirà ad applicare il piano nazionale sulle energie rinnovabili e quindi una definizione del burden sharing delle regioni, cioè il loro contributo, diversificato per tecnologia, sull’obiettivo del paese.

fonte: www.qualenergia.it
10 luglio 2010


*LINEE GUIDA FONTI RINNOVABILI:

SCHEDA RECANTE

I PRINCIPALI CONTENUTI

1) Sono dettate regole per la trasparenza amministrativa dell’iter di

autorizzazione e sono declinati i principi di pari condizioni e

trasparenza nell’accesso al mercato dell’energia;

2) Sono individuate modalità per il monitoraggio delle realizzazioni e

l’informazione ai cittadini;

3) È regolamentata l’autorizzazione delle infrastrutture connesse e, in

particolare, delle reti elettriche;

4) Sono individuate, fonte per fonte, le tipologie di impianto e le

modalità di installazione che consento l’accesso alle procedure

semplificate (denuncia di inizio attività e attività edilizia libera);

5) Sono individuati i contenuti delle istanze, le modalità di avvio e

svolgimento del procedimento unico di autorizzazione;

6) Sono predeterminati i criteri e le modalità di inserimento degli

impianti nel paesaggio e sul territorio, con particolare riguardo agli

impianti eolici (per cui è stato sviluppato un allegato ad hoc);

7) Sono dettate modalità per coniugare esigenze di sviluppo del

settore e tutela del territorio: eventuali aree non idonee

all’installazione degli impianti da fonti rinnovabili possono essere

individuate dalle Regioni esclusivamente nell’ambito dei

provvedimenti con cui esse fissano gli strumenti e le modalità per il

raggiungimento degli obiettivi europei in materia di sviluppo delle

fonti rinnovabili.