domenica 31 ottobre 2010

Garigliano: sfiorata la catastrofe nucleare


Garigliano: sfiorata la catastrofe nucleare
Rischiata una Chernobyl italiana per un errore dovuto a incoscienza
di Luca Romano
«Il suono era assordante. Prima
di allora gli allarmi li avevo sentiti solo per le esercitazioni. Quel giorno, però, erano veri. Nessuno di noi ebbe tempo per la paura. Dovevamo trovare una soluzione e farlo al più presto». Alfredo Gragnano, addetto alle teletrasmissioni, si trovava nella sala controllo della centrale nucleare del Garigliano quando avvenne, forse, il più grave dei dieci incidenti importanti segnalati dall’allora Cnen nella storia dell’impianto. Era il novembre
del 1979 e un’alluvione minacciava la centrale. «L’acqua continuò a salire ed era già penetrata nei piani interrati dei serbatoi. A mezzogiorno con i mezzi anfibi dei vigili del fuoco, fu evacuata parte del personale. Nell’impianto rimanemmo in pochi, una quindicina di persone in tutto. Verso le sette di sera ci fu un black out nella rete nazionale.
Il reattore era fermo per delle riparazioni e avremmo dovuto prelevare l’elettricità dalla vicina centrale idroelettrica di Suio. Avevamo la priorità, ma nulla. Anche quell’impianto era fermo a causa dell’alluvione. Fu allora che scattarono gli allarmi: i generatori di emergenza della centrale non entrarono in funzione.
A quel punto le pompe di raffreddamento erano spente e il nocciolo rischiava di fondersi. Furono minuti lunghissimi, oggi ripenso con gratitudine al tecnico che riusci a riparare il guasto in tempo». L’appuntamento è sul lungomare, poco distante dalla foce del Garigliano.
Con Alfredo Gragnano c’è Luigi De Canditiis, per trent’anni radiotecnico alla centrale. «Io resto un nuclearista convinto», chiarisce subito, «il giorno dell’incidente non ero in servizio, ma dalle analisi fatte dopo sono sicuro che non ci furono conseguenze dannose». Trent’anni dopo la centrale è ancora lì, al confine tra Lazio e Campania, un’enorme sfera bianca su cui svetta un altissimo camino. Spunta lungo una stradina
che attraversa la piana del Garigliano. Tutt’intorno, campagna.
A duecento metri una sbarra e una rete di filo spinato impediscono di avvicinarsi oltre. É spenta dall’82. Oggi la Sogin, società incaricata della dismissione dei vecchi impianti atomici, assicura che «lo smantellamento
avverrà in modo sostenibile, adottando i più alti standard di sicurezza». In mancanza di un deposito nazionale, resta però da capire quando e, soprattutto, dove finiranno le migliaia di fusti radioattivi stipati
ancora nell’impianto.
Vista da fuori la centrale divide nuclearisti e anti-nuclearisti.
«Ha prodotto danni incalcolabili», denuncia Giulia Casella, memoria
storica di Legambiente, «Pochi giorni dopo l’alluvione 25 vitelli furono trovati morti. Il professore Alfredo Petteruti, con le facoltà di veterinaria di Napoli, Agraria di Portici e Biologia di Roma, effettuò una ricerca comparata sugli allevamenti della zona, documentando una crescita esponenziale di malformazioni gravi». La Sogin risponde con uno studio realizzato dall’Università di Caserta nel 2003 nel quale si sostiene che «l’impatto della centrale nucleare sull’ambiente è stato del tutto trascurabile». E’ uno scontro condotto a colpi di perizie, finito talvolta in tribunale, che vede gli esperti schierati su fronti opposti senza né vincitori
né verità definitive.
Le voci di dentro, quelle dei tecnici che vi lavoravano, offrono, intanto, uno spaccato di quella che fu la prima avventura atomica all’italiana. «Era una centrale sperimentale e noi ne siamo stati i pionieri - racconta Luigi- il personale era sottoposto ad analisi mensili e non ho mai temuto per la mia salute. Basta calcolare i rischi e essere informati. Certo alla luce dei progressi tecnologici il nostro era un ferro vecchio».
Se non nella forma, sicuramente nella sostanza, quello che era stato detto al Comitato del Congresso
americano per l’Energia Atomica dagli ingegneri Hubbard e Brindebaugh già nel 1975. I due, dopo essersi dimessi dal ruolo di responsabili tecnici della General Eletric, la società che aveva progettato la centrale del Garigliano, dichiararono che quel tipo di reattore non offriva garanzie.
Troppi rischi. Ma in Italia di quelle testimonianze non si tenne conto. Anzi. «Gli ultimi due anni di attività (dal ‘76 al ‘78 n.d.r.) furono quelli di massima produzione - continua Luigi
- passammo da uno standard di 100 megawatt a 160. Un po’ come guidare un auto con il piede
sempre premuto sull’acceleratore.
Si voleva recuperare il terreno perso nei primi anni».
Quella corsa si arrestò per un’avaria. Due anni dopo un rapporto della Commissione consultiva per la sicurezza nucleare elencava gli interventi necessari per rimettere in moto il reattore. Tra questi, anche un nuovo sistema di raffreddamento di emergenza. Un accorgimento suggerito, forse, dall’incidente del novembre ‘79. Al Garigliano arrivarono tecnici giapponesi, ma i lavori non si fecero mai. I costi troppo alti imposero lo stop definitivo. «Mi spaventava l’incoscienza - dice Alfredo - ebbi modo di leggere rapporti riservati di quegli anni. Scoprì che nel nucleo, alcune barre di uranio, il combustibile previsto per la nostra centrale, erano state sostituite con combustibile contenente plutonio. Allora non ebbi il coraggio di denunciare per paura di essere licenziato».
Il collega conferma: «Era una notizia che circolava tra i dipendenti della centrale.
La cosa non mi sorprendeva, del resto dovevamo sperimentare». Qualche errore, però, lo ammette,
«i materiali potenzialmente contaminati, come tute da lavoro
e attrezzi, venivano chiusi in sacchi e gettati in fosse. Le chiamavamo trincee, funzionavano
come comuni discariche. Nel percolato che producevano furono riscontrate particelle radioattive».
Un fatto denunciato dal neonato Comitato antinucleare del Garigliano.
Dopo l’annunciato ritorno all’energia atomica, ventuno sindaci del comprensorio sono scesi in campo schierandosi con gli ambientalisti.
«Chiediamo che venga effettuata una seria indagine epidemiologica e si proceda in tempi rapidi alla dismissione» spiega Antonio Raimondi, primo cittadino di Gaeta.
In un documento politico congiunto si legge: «la centrale ha causato ingenti danni agli abitanti con l’aumento dell’incidenza di tumori e malformazioni;
come rivelato da campagne radioecologiche dell’Enea, ha contaminato oltre 1700 kmq di mare con cesio 137 e cobalto 60».
Il lungomare è affollato dai bagnanti.
Della denuncia dei sindaci sulla presenza di metalli radioattivi in mare d’altra parte non c’è traccia. Né un avviso, né un divieto di balneazione.
Luigi sorride: «non c’è da temere».

giovedì 28 ottobre 2010

RIUNIONE

Il Comitato si riunisce
alle ore 20:00 di domani venerdì 29 ottobre 2010

presso l'oratorio della chiesa dell'Annunziata a Minturno.

Uno dei temi di cui si parlerà sarà la ricerca di una modalità per formulare la richiesta di un riconoscimento ufficiale del Comitato, fatto rinviato più volte in attesa di un miglior compattamento del gruppo e di un arricchimento, da parte dei componenti, di nozioni e competenze in parte ora raggiunte.
Auspichiamo partecipazione e proposte.

giovedì 14 ottobre 2010

Lavori al D1 14 ottobre 2010

RIPRENDONO I LAVORI DEL DEPOSITO DI SCORIE RADIOATTIVE PRESSO LA CENTRALE NUCLEARE DEL GARIGLIANO

COMUNICATO STAMPA

Sono ripresi venerdì 1 e sabato 2 ottobre i lavori per la costruzione del deposito di superficie per lo stoccaggio delle scorie radioattive denominato “D1” presso la vecchia centrale del Garigliano. Tale deposito è considerato temporaneo e la sua costruzione era già prevista in un’ordinanza del 2006.

Il deposito, secondo i piani della SO.G.I.N.,viene realizzato per mettere in sicurezza il materiale radioattivo ancora conservato nelle trincee, ovvero interrato nel perimetro dell’impianto, e per procedere con il decommissionig, cioè con lo smantellamento, della centrale.

Tale deposito “D1” viene ritenuto temporaneo in attesa della costruzione del deposito nazionale di scorie dove conferiranno tutti i materiali radioattivi presenti in Italia, per ora stoccati nei vecchi impianti o in altre strutture adibite a conservarle, oppure in attesa di ritornarvi dopo aver subito all’estero procedimenti di riprocessamento.

Poiché da parte del Governo e degli organismi nazionali competenti non giungono notizie ufficiali circa l’individuazione del sito per la costruzione del deposito nazionale, mentre viceversa sui giornali e sul web continuano a susseguirsi notizie ufficiose che individuano proprio presso la vecchia centrale del Garigliano tale localizzazione, il Comitato antinucleare Garigliano chiede che venga fatta chiarezza al più presto sulla questione.

Se da una parte infatti il deposito temporaneo D1 è necessario per procedere con lo smantellamento dell’impianto nucleare, in assenza di un deposito nazionale, tale struttura temporanea “D1” rischia invece di assumere carattere definitivo, in un territorio come la piana del Garigliano considerato dal Ministero dell’Ambiente stesso a rischio idrogeologico, classificato come zona sismica di grado secondo e che inoltre ha subito già gravi conseguenze ambientali per i diversi incidenti occorsi alla centrale durante il suo funzionamento.

Il Comitato antinucleare Garigliano considera quindi prioritario che le istituzioni preposte informino, senza ulteriori e colpevoli ritardi, la popolazione e le amministrazioni locali circa le reali intenzioni del Governo sul futuro del sito nucleare del Garigliano, confrontandosi pubblicamente con i cittadini dei comuni interessati, come previsto dalla legge n.99 del 23 luglio 2009.

Inoltre chiediamo:

A) che vengano rispettate tutte le norme atte ad evitare che durante la costruzione del deposito, lo scavo del materiale contenuto nelle trincee, lo smantellamento del materiale radioattivo ancora presente nella centrale, la sua preparazione, collocazione e conservazione all’interno del deposito, venga messa a rischio la salute della popolazione attraverso la dispersione di materiale contaminato;

B) che il deposito temporaneo “D1” non ospiti al suo interno materiale radioattivo proveniente da siti diversi da quello della centrale nucleare del Garigliano;

C) che nel perimetro della centrale non vengano costruiti altri depositi temporanei contenenti materiale radioattivo proveniente da siti esterni al Garigliano;

D) che vengano rispettate le norme di trasparenza e di confronto con la popolazione, secondo cui il potere decisionale è condiviso tra cittadini, enti e amministrazioni nazionali e locali, come previsto dalla suddetta Legge 99/2009, dalla Convenzione IAEA del 1997 e dalla Direttiva UE del 3 marzo 1997 (n.97/11/EC che aggiorna la precedente direttiva 85/337/EEC) che prescrive:

1. che ogni stato membro fornisca tutte le informazioni riguardanti progetti pubblici o privati (espressamente compresi quelli relativi al maneggio e conservazione dei rifiuti nucleari) siano rese di pubblico dominio al fine di garantire alle popolazioni interessate la possibilità di esprimere le loro opinioni prima che il progetto sia approvato (Art. 6),

2. che una volta approvato o rifiutato il progetto, le autorità competenti devono informare il pubblico e devono fornire informazioni riguardo al contenuto della decisione e alle ragioni e considerazioni che l’hanno determinata (Art.9);

Come previsto dalla Convenzione di Aarhus del 25 Giugno 1998 che stabilisce:

1. Nell’ambito della legislazione nazionale di ciascun paese, devono essere emanati provvedimenti volti a rendere disponibili tutte le informazioni su richiesta del pubblico (singole persone o associazioni) e che tale messa a disposizione deve essere realizzata al massimo entro un mese dalla richiesta. (Art. 4)

2. Le autorità pubbliche di qualsiasi livello devono essere messe a conoscenza di tutte le informazioni disponibili in materia. Devono essere stabilite procedure obbligatorie per assicurare un adeguato flusso di informazioni verso le autorità pubbliche. Le informazioni devono essere disponibili inqualsiasi forma compresa quella elettronica. (Art.5)

3. Devono essere previste e specificate le modalità di partecipazione del pubblico, con particolare riferimento alle popolazioni direttamente coinvolte, al processo decisionale in materia di legislazione ambientale (Art.6) per tutti i progetti elencati nell’allegato I della Convenzione che alla tipologia “Settore energetico” prevede espressamente: lo stoccaggio definitivo del combustibile irraggiato; lo stoccaggio definitivo di rifiuti nucleari; l’immagazzinamento (per più di dieci anni) di combustibile irraggiato o rifiuti radioattivi in un sito differente da quello di produzione.

4. La possibilità per le popolazioni direttamente coinvolte di fare ricorso agli organi di giustizia (Art.9)

Inoltre, sulla base dei riferimenti legislativi succitati, chiediamo che il Comitato antinucleare Garigliano venga riconosciuto ufficialmente come soggetto legittimato a dialogare con gli enti e le amministrazioni locali e nazionali durante la fase di costruzione del deposito e di stoccaggio delle scorie, in quanto composto da cittadini dei comuni della piana del Garigliano che spontaneamente e a titolo personale decidono di aderirvi secondo gli articoli 17 e 18 della Costituzione della Repubblica italiana.

Il CAG non è disposto ad accettare passivamente scelte imposte dall’alto senza comprovate motivazioni ed il necessario confronto con la popolazione. Per il futuro del nostro territorio e per difendere la salute nostra e delle generazioni che verranno, vigileremo affinché il deposito D1 resti l’unico deposito temporaneo al Garigliano e faremo pressione attraverso tutti i mezzi previsti dalla Costituzione repubblicana affinché vengano stabiliti e garantiti, contestualmente alla sua costruzione, tempi e metodi per lo smantellamento dello stesso D1.

Per il Comitato antinucleare Garigliano - Giovanni Mallozzi