martedì 15 giugno 2010

AFFARI NUCLEARI - Latina Oggi

Latina Oggi, Giovedì 10 Giugno 2010


pattumiera

AFFARI NUCLEARI

La Corte dei Conti bacchetta Sogin, che intanto guadagna


DOVEVA essere una grande operazione di tutela della salute e del territorio quella del decommissioning delle centrali nucleari che sono esistite fino al referendum che ha vietato la produzione di energia nucleare in Italia. In realtà non solo questo processo è ancora in corso, ma la Corte dei Conti ha appena contestato alla Sogin (società creata appositamente per custodire le centrali e procedere alla bonifica dei siti). In specie i magistrati contabili affermano che la Sogin ha speso finora troppi soldi per tenere in custodia passiva le scorie nucleari che, diversamente, sarebbero già dovute essere smaltite. E scrivono nelle contestazioni alla Sogin che per il decommissioning «nel 2008 sono stati sostenuti costi per 46,4 milioni di euro», manutenzione esclusa; in questo modo il bilancio netto è «aumentato del 334%, raggiungendo 1.577 migliaia di euro rispetto ai 393,4 del 2007». Di più: la Sogin ha ottenuto in questo modo utili per 8,6 milioni di euro contro i 4 milioni del 2007. Cioè: per ora il processo di decommissionig delle vecchie centrali è stato un’attività di lucro molto remunerativa per la Sogin più che una vera azione di tutela della salute e del territorio, come nelle previsioni di chi questa società l’ha messa in piedi. Attualmente, come ricorda sempre la Corte dei Conti, le scorie delle vecchie centrali (e sono compresi in questa categoria anche attrezzi e materiali utilizzati durante i processi produttivi bloccati) sono in «custodia protetta passiva » . Per altro l’operazione del d ec o mm i ss io n in g continua mentre il Governo ha già avviato al procedura per la costruzione di nuove centrali sicuramente a Caorso e Montalto ed è pressoché confermata la collocazione tra Latina e il Garigliano del deposito di scorie, per il quale fino ad oggi non si è riusciti a trovare un sito idoneo, soprattutto a causa della fortissima resistenza delle popolazioni limitrofe alle aree individuate.


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