giovedì 3 giugno 2010

Breve relazione dell'incontro organizzato da FIDAPA
Per il Comitato erano presenti: Beniamino Gallinaro e Massimo Penitenti

All’inizio dell’incontro, al Comitato Antinucleare Garigliano, viene dato l’onore di essere nominato, e con esso vengono nominati gli enti, le associazioni, e le amministrazioni che sin qui hanno dato l’adesione al Comitato stesso.

Gli appartenenti al Comitato vengono ringraziati per la presenza e per l’attività svolta di diffusione dell’evento in oggetto, attraverso i canali propri del CAG.

Interessantissimo incontro, soprattutto per la passione del prof. Renato Sinno°, che fa notare l'impegno dell'Europa nel combattere la crisi con interventi di 740 miliardi di Euro, con una quota parte italiana espressa nell'ultima finanziaria di 25 miliardi di Euro, dove il contratto firmato con AREVA, la grande azienda nucleare francese a partecipazione statale, per l'acquisto di ben 5 centrali EPR, di terza generazione, al costo di 5 miliardi l'una. Costi che vanno di giorno in giorno aumentando, soprattutto a causa dell'elevarsi dei target di sicurezza, non contemplati nella fase di progettazione delle suddette centrali, ma che si chiede che vengano rispettati, soprattutto dal verificarsi dei famosi incidenti a Three Mile Island (USA) ed a Chernobyl (Ucraina), dai ben noti risultati, soprattutto quelli di Chernobyl, visto che le nubi prodotte, hanno sorvolato l’intera Europa, e anche l’Italia.

L’unica centrale di questo tipo (EPR), ora in costruzione, è stata acquistata dalla Finlandia ed è in fase di costruzione ad Olkiluoto.

Questa centrale ha già visto triplicare i costi (giunti ora a circa 20 milioni di Euro), proprio a causa di continue modifiche per migliorarne la sicurezza, e ancora non si sa se partirà ne quando ciò avverrà.

Il professor Sinno, mineralogo, dopo che scherzosamente fa notare che per interloquire con lui, chi parla di uranio, farebbe bene a leggere alcuni libri da lui consigliati, e solo dopo aver positivamente passato un esame con lui, lo prenderebbe, forse, in considerazione espone un semplice motivo per il quale tutto il nostro Paese è assolutamente inidoneo ad ospitare centrali e depositi di scorie radioattive, il motivo è: l’Italia è un paese geologicamente giovane, in piena fase di assestamento, prove semplici ce lo dimostrano, terremoti e continui smottamenti ben distribuiti su tutta la penisola, non consentono una sicurezza nemmeno pensabile, per la costruzione di strutture che debbono rimanere sicure per centinaia di migliaia di anni. Nemmeno negli Stati Uniti, afferma il Professore, sono giunti ad una sistemazione sicura delle scorie, nonostante questo grande paese, offra zone abbastanza ampie e geologicamente più antiche e sicuramente più mature.

Ci fa notare, il professore, che la pretesa indipendenza energetica verso la quale ci dovrebbe proiettare il nucleare, altro non è che una grande menzogna, infatti, i paesi che dispongono di miniere di uranio sufficientemente ricco di U

235, sono pochi: Africa centrale, USA, Russia e Germania; bisogna tener conto, inoltre, che questa materia prima deve essere trattata (arricchita, praticamente, la concentrazione di U235 deve essere effettuata artificialmente, ed in Italia non abbiamo gli impianti che possano svolgere questo lavoro), quindi dipenderemmo da questi paesi sia per la materia prima che per il prodotto che se ne deve ricavare per diventare carburante per le centrali. Quindi, se aumenta la richiesta di uranio, aumenta, per noti meccanismi di mercato, anche il prezzo di questo minerale, se già negli ultimi anni sta aumentando notevolmente, proviamo ad immaginare cosa potrà succedere dopo un incremento della domanda.

Un altro problema sta nel lavoro necessario ad estrarre l’uranio dalle rocce presenti in natura, solamente 10 grammi di uranio vengono estratti da ogni tonnellata di roccia, che poi diminuisce ulteriormente dopo l’arricchimento, per ora le aziende estrattrici, sono riuscite a far passare le materie risultanti dalla lavorazione, come materiale inerte e soprattutto nel Niger e in Francia, viene sgretolato e ridistribuito sui terreni circostanti le cave, dove sorgono paesi interi, nati proprio a causa delle attività estrattive.

Angelo Bonelli fa notare come riescono a finanziare le attività nucleari, infatti chi opera nel nucleare è assimilato a chi opera nelle energie rinnovabili, riesce quindi ad entrare tra coloro che hanno contributi statali.

Nelle bollette sono inseriti, dice inoltre Bonelli, da quando costruirono le centrali italiane, anche i costi di “decomissionig”, in parole semplice era programmato fin dall’inizio lo smantellamento di fine attività, questi costi ce li troviamo in bolletta, nonostante le centrali italiane abbiano prodotto poca energia e molti danni, solo questo ci costa 350 milioni di Euro l’anno.

°- docente di mineralogia dell'Università "Federico II" di Napoli

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