I Sindaci del comprensorio del Sud Pontino (Comuni di Gaeta, Formia, Itri, Minturno, Castelforte, Santi Cosma e Damiano, Spigno Saturnia, Ponza, Ventotene e Campodimele) e i Sindaci del comprensorio dell’Alto Casertano (Comuni di Sessa Aurunca, Cellole, Mondragone, Carinola, Teano, Roccamonfina, Conca della Campania, Galluccio, Rocca d’Evandro, Falciano del Massico, Mignano Montelungo, Tora e Piccilli, S. Pietro Infine e Castel Volturno).
Premesso che:
Ø Il Governo con il DDL Sviluppo del 23 luglio 2009 num. 99, ha deciso che l’Italia debba tornare all’energia nucleare;
Ø Entro sei mesi da quella data si sarebbe dovuto decidere la normativa per la localizzazione delle nuove centrali nucleari e per i sistemi di deposito e stoccaggio delle scorie e i rifiuti radioattivi;
Ø Le centrali previste sono gli Epr cosiddette “di terza generazione” e saranno sviluppate dalla francese “Areva” controllata al 90 percento dai Governo Francese;
Ø Nel decreto legge 314/2003 era prevista l’individuazione del sito per il deposito nazionale entro un anno dalla conversione in legge del decreto, affidando alla Sogin il compito di realizzare il deposito nazionale entro il 31 dicembre 2008, data trasferita al 2020
Considerato che:
Ø Nel 1987 il popolo italiano, tramite referendum, ha respinto questo metodo di produzione energetica e mise fuori legge gli impianti nucleari;
Ø La centrale del Garigliano ha prodotto ingenti danni all’ambiente e alla salute di tutti gli abitanti dei Comuni del Sud Pontino e dell’Alto Casertano con l’aumento dell’incidenza dei tumori e delle malformazioni fisiche animali ed umane;
Ø Il comprensorio del Golfo di Gaeta è un’area a forte vocazione turistica sul cui territorio insistono aree naturali protette e che proprio il turismo è una delle principali voci dell’economia locale;
Ø Il comprensorio dell’Alto Casertano non ha potuto sviluppare pienamente le sue potenzialità agricole e turistiche a causa della vicinanza della centrale nucleare che ha compromesso una delle zone più belle e fertili d’Italia;
Ø La centrale del Garigliano, come rilevato in quattro campagne radioecologiche dell’ENEA, ha contaminato oltre 1700 kmq di mare con metalli pesanti, soprattutto cesio 137 e cobalto 60;
Ø Il fiume Garigliano, che scorre nelle immediate vicinanze della centrale del Garigliano, bagna i Comuni di Castelforte, Minturno e Santi Cosma e Damiano e che le correnti marine portano le sue acque nel Golfo di Gaeta;
Ø I suddetti metalli pesanti, con molta probabilità, sono entrati nella catena alimentare, tramite la fauna ittica, con grave pericolo per la salute pubblica;
Ø L’area in cui attualmente sorge la centrale nucleare è una zona classificata dalle norme vigenti sismica (area del Vulcano spento di Roccamonfina) i cui parametri di pericolo sono stati notevolmente aumentati rispetto al 1963 (data di realizzazione della centrale del Garigliano) tant’è che è stata interessata dal terremoto dell’Irpinia ed anche da quelli successivi del Molise e dell’Abruzzo e conseguentemente gli altissimi rischi dovuti alle inondazioni del fiume Garigliano le cui acque hanno invaso anche gli immobili della centrale;
Ø Il “Dossier rifiuti radioattivi” redatto nel 1985 dal Ministero dell’Ambiente classificava l’attuale sito del Garigliano come inidoneo dal punto di vista idrogeologico perché rientra in zona sismica di seconda categoria ed il terreno è di natura alluvionale e a rischio esondazioni;
Ø È necessario reperire ingenti quantità d’acqua per il raffreddamento di un Epr da 1600 MW (100mila litri al secondo) e la portata del fiume Garigliano non può garantire tale apporto, senza considerare che i cambiamenti climatici possono diminuirne ancora la portata mettendo in crisi i reattori nucleari come avvenne in Francia nel 2003 (la Francia consuma il 40 percento dell’acqua per il raffreddamento delle centrali);
Ø Le centrali Epr sono già tecnologicamente superate e pericolose;
Ø Nel novembre 2009, le autorità di vigilanza sull’energia nucleare di Francia, Gran Bretagna e Finlandia in una dichiarazione congiunta hanno intimato ad Areva di rivedere la concezione dell’apparato di sicurezza del prototipo Epr i cui primi reattori, tra aumento dei costi (da 3,5 a 5 miliardi di euro) e tempi che sembrano allungarsi all’infinito, sono in costruzione in Finlandia e in Normandia;
Ø Le attuali risorse di uranio, ai ritmi attuali di consumo, si esauriranno in un tempo massimo di 50 anni, lasciando senza combustibile le centrali la cui vita massima è prevista di 60 anni a cui bisogna aggiungere i tempi di costruzione;
Ø Nei costi del Kwh nucleare, spacciato per economico, non vengono conteggiati i costi di costruzione, smantellamento, creazione di elettrodotti (per un solo chilometro occorrono 500mila euro) e quelli, ancora irrisolti, dello smaltimento delle scorie;
Ø Nessun Paese, compresa l’Italia, dopo 60 anni di storia del nucleare ha ancora trovato la soluzione per la gestione di lungo termine delle scorie. Si tratta di controllare per due o tre secoli quelle a vita media e per decine di migliaia di anni quelle a vita più lunga;
Ø Oltre a rappresentare un costo rilevante e poco calcolabile, la gestione di lungo termine delle scorie è un’eredità velenosa che lasciamo alle generazioni future (Sogin prevede 5,2 miliardi di euro per lo smantellamento di 4 reattori e altrettanti centri logistici e di ricerca, tutti a spese del cittadino, solo per arrivare al brown field);
Ø Le centrali nucleari producono solo energia elettrica, ma l’elettricità rappresenta solo un quinto dei nostri consumi energetici. Oltre l’80 percento dell’energia che consumiamo per i trasporti o per l’agricoltura non è elettrica. Le centrali nucleari, quindi, non risolverebbero il nostro problema: continueremo ad importare petrolio. La Francia, con tutte le sue centrali, importa più petrolio dell’Italia;
Ø Anche a regime, le 4 centrali soddisferanno appena il 4 o il 5 percento della domanda di energia complessiva del Paese. Continueremo a dipendere dall’estero per l’approvvigionamento del combustibile (l’uranio), l’investimento andrà quasi a tutto beneficio dell’industria francese con scarsa ricaduta (sia in termini economici sia in termini di acquisizione di un know how autonomo) e comunque da qui al 2020 l’investimento non risolverà nessuno dei problemi energetici ed ecologici del nostro Paese;
Ø Le ingenti somme necessarie per la costruzione degli impianti nucleari sottraggono fondi alle energie rinnovabili, come il solare e l’eolico, che ci darebbero energia subito, a costi contenuti e senza inquinamento;
I Sindaci del Sud Pontino e dell’Alto Casertano esprimono al Governo Nazionale, ai Governatori di Lazio e Campania e ai Presidenti delle Province di Latina e Caserta:
1. L’assoluta indisponibilità a prendere in esame qualsiasi ipotesi di realizzazione di futuri impianti nucleari sia sul territorio della provincia pontina (Borgo Sabotino) sia su quello della provincia di Caserta come nel caso di Sessa Aurunca;
2. L’indisponibilità a costruire altri depositi oltre l’attuale D1 (temporaneo e necessario alla sola messa in sicurezza dell’impianto) visti i tempi indeterminati che si prevedono per la costruzione del deposito nazionale;
3. La volontà di proseguire nell’opera di smantellamento della suddetta Centrale Nucleare da parte del Governo Italiano attenendosi a tutte le disposizioni di sicurezza atte ad evitare fughe di materiale radioattivo ancora presente in loco;
4. Il totale sostegno ad una politica energetica che sia basata su tecnologie moderne, innovative e rinnovabili che garantiscano uno sviluppo sostenibile del sistema economico e produttivo.
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