OSSERVAZIONI SUL DOCUMENTO AMBROSETTI
Di Guido Cosenza
L’approvvigionamento energetico nel mondo incontra serie difficoltà il cui superamento appare estremamente problematico. Le ragioni sono molteplici ma una è la causa preminente della crisi: l’aumento progressivo del fabbisogno energetico che, assieme alle altre conseguenze dell’espansione produttiva e delle correlate alterazioni ambientali, costituisce l’aspetto non emendabile del presente modello di sviluppo.
L’unica via di uscita da una congiuntura che va progressivamente aggravandosi è il cambiamento di modello di sviluppo. L’ineluttabilità e l’urgenza della transizione sono state messa in luce in vari studi[1], lo scopo di questo articolo è di intervenire su di un aspetto secondario nel panorama internazionale, ma che in Italia assume un rilievo particolare:
la scelta del ricorso all’energia nucleare per contribuire ad attenuare le emergenze attuali.
In molti abbiamo analizzato in accurati studi il modello nucleare in vigore a livello mondiale e la sua eventuale applicazione all’Italia[2], le deduzioni tratte stabiliscono che l’uso della fissione per produrre energia:
1. E’ non conveniente rispetto alle altre opzioni dal punto di vista economico.
2. E’ motivato essenzialmente da esigenze di natura militare.
3. E’ dannoso da svariati punti di vista ambientali, nonché nocivo alla salute umana.
4. Accentua la rischiosa dipendenza da approvvigionamenti provenienti da risorse limitate e oltretutto non presenti sul territorio.
5. Storna fondi dalla ricerca e sviluppo in risorse rinnovabili essenziali in una prospettiva futura.
6. Diverrebbe operativo in un futuro lontano quando le condizioni economico-sociali saranno profondamente mutate.
Queste conclusioni sono state dedotte analizzando i dati disponibili animati da un puro spirito scientifico senza alcuna idea preconcetta, né tanto meno interessi da salvaguardare in relazione allo sviluppo energetico da adottare.
Lo studio intrapreso è parte di una animata dialettica innescata dalla recente decisione del governo italiano di promuovere in Italia la produzione di energia da fonte nucleare ricorrendo a competenze e apparecchiature disponibili in paesi che hanno sviluppato le opportune tecnologie. In questo panorama è stato diffuso un documento “il documento Ambrosetti”[3] redatto da esponenti tutti legati ai gruppi imprenditoriali che propongono la scelta nucleare e che ne trarranno profitto.
Questo grave marchio d’origine si ripercuote nel rifiuto a prendere atto e ad analizzare le tesi che non si conformano agli interessi per cui il documento è stato commissionato e nell’uso distorto dei dati riportati dalle agenzie predisposte alla loro rilevazione.
Il presente articolo non intende eludere il confronto, anzi nel prestarsi al contraddittorio dimostra un diverso atteggiamento in relazione alla valutazione obiettiva dei progetti proposti.
Iniziamo dal tema centrale che riguarda la convenienza economica dell’impresa. Il tema è estremamente complesso, il documento denota un uso semplicistico e fuorviante dei dati, spesso gravato da incompletezza.
Per essere espliciti sfuggono all’analisi elementi essenziali, in particolare la cruciale valutazione economico sociale dell’operazione sul lungo periodo. Per rendersene conto basta notare che il costo di costruzione di una centrale nucleare dal 1970 al 1990 è lievitato di dieci volte e i tempi di costruzione sono raddoppiati, che il prezzo del materiale uranifero si è quadruplicato fra il 2005 e il 2008 e che, data la scarsità delle risorse minerarie high grade, sarà inevitabile un suo incremento progressivo nel tempo. Lo stesso vale per i premi assicurativi, cresciuti a dismisura. E’ vano allora basarsi sul puro costo attuale. Vedremo inoltre fra un momento che i dati sono affetti da forti omissioni, ma basta quanto rilevato sopra per affermare che basarsi strettamente sul presente senza effettuare serie prospezioni sul futuro, che comunque sono sempre aleatorie, conduce a stime errate. Il costo della produzione di energia valutato oggi -- procedimento praticato nel documento – non è assolutamente affidabile per indicare quello che risulterà di qui a dieci anni quando la prima centrale italiana sarebbe completata e tanto meno fra venti o trenta quando lo sarebbero le altre. Il mercato sa contabilizzare molto bene l’incidenza di eventi aleatori meglio di qualsiasi economista e, come vedremo, corre ai ripari bocciando tutte le iniziative puramente commerciali in campo nucleare. Negli ultimi anni i fattori che hanno appesantito i costi sono stati i ritardi costruttivi, i periodi di fermo per le riparazioni e la manutenzione, la necessità di implementazione in corso d’opera di più sofisticati apparati di sicurezza ecc...tutti elementi che non compaiono nei costi preventivati, baldanzosamente esibiti dai solerti pupilli Ambrosetti.
Sono presenti poi nell’operazione prospettata oneri aggiuntivi di cui deve farsi carico la comunità: quelli originati dai danni all’ambiente e alla salute dei cittadini, malattie da radiazione. Questi oneri sono difficili da valutare e ovviamente non vengono conteggiati nella determinazione dei prezzi. Basterebbe fermarsi qui per dichiarare fazioso e fuorviante il documento, ma andremo oltre a svelare le magagne degli autori.
La prima osservazione da fare, quella che serve a spiegare l’apparente complesso andamento nel tempo dell’impegno nel nucleare civile nel mondo, è che la motivazione principale, direi esclusiva, di tale operazione industriale è di natura militare. Nessuno lo dirà esplicitamente, bisogna inferirlo dai dati. La seconda non meno rilevante è che il progetto nucleare civile non possiede il requisito della convenienza economica.
La ponderosa struttura industriale idonea allo sviluppo della produzione di energia da reazione nucleare è stata allestita originariamente per costituire e poi estendere l’arsenale nucleare e la propulsione di mezzi bellici, solo successivamente si è reputato opportuno l’ampliamento della produzione al settore civile per alleggerire i costi divenuti difficilmente sostenibili in tempo di pace.
Vediamo i dati su cui si basano le due asserzioni esplicitate precedentemente che contraddicono eclatantemente le affermazioni del documento, cioè l’asserzione che a livello mondiale sia in atto l’espansione del settore nucleare civile come risposta alla richiesta generale di fonti energetiche.
L’espansione del ricorso al nucleare civile avviene fra la metà degli anni cinquanta e la fine degli anni ottanta. E’ l’era della guerra fredda allorché si sviluppa e si acutizza il confronto fra due blocchi antagonisti e ha luogo la corsa all’accrescimento dei propri arsenali militari.
Nel 1989 erano in funzione 425 reattori nucleari. Al presente (anno 2010) sono attivi 438 impianti.
Il dato registra al termine della guerra fredda, allorché ha fine la corsa al riarmo e inizia la fase di riduzione, concordata fra le due grandi potenze, degli arsenali nucleari, una stasi nella costruzione di centrali nucleari e la cancellazione di un numero rilevante di impianti programmati. Il dato va letto nel senso di una stretta dipendenza del nucleare civile dalle esigenze militari di stabilire una economia di scala in grado di ridurre i costi. Se fosse esistita una reale convenienza economica il trend espansivo non si sarebbe interrotto dopo il 1989 e se esistesse ora la convenienza non si procederebbe alla costruzione di qualche esemplare da parte di consorzi privati solo dietro garanzia di ampi sussidi statali.
E’ illuminante rilevare come il documento faccia un uso fuorviante dei dati al fine di dichiarare attualmente in vigore un significativo incremento mondiale nell’uso dell’energia nucleare per rispondere alla crescente domanda di energia. E’ noto che l’andamento dell’impegno nella costruzione di centrali nucleari vede un periodo di crescita imperiosa durante l’era della guerra fredda, per le ragioni che abbiamo addotto, e una stasi prolungata negli anni successivi. Ebbene il trucco usato nel documento per sostenere l’aumento nel mondo del ricorso al nucleare è quello di confrontare con il valore attuale del numero di reattori nucleari (438 ) non il dato degli anni ottanta (425) ma quello del 1966 (52), perché non lo zero del 1955?
Ma c’è di più, nel computo dei 438 reattori oggi in funzione sono inclusi anche i 28 realizzati in Cina e in India, nazioni che stanno promuovendo a ritmo serrato il loro arsenale di armi nucleari e quindi, secondo quanto discusso, quella cifra registra un’espansione dettata da esigenze dovute al processo in atto di ampliamento del comparto militare. Questa circostanza differenzia drasticamente l’andamento dello sviluppo nucleare in queste due nazioni da quello che si verifica in tutti gli altri paesi. D’ora in avanti terremo distinta la discussione del fenomeno in Cina e India da quello che avviene nel resto del mondo.
Una ingegnosa trovata ideata dai fautori del nucleare riguarda l’interpretazione dell’incontrovertibile dato della interruzione nella costruzione di nuove centrali nucleari avvenuta all’epoca della caduta del muro di Berlino; essi ricorrono a una spiegazione stravagante, squisitamente psicologica: l’effetto Chernobyl – come se il profitto si fosse mai occupato della salute dei cittadini. L’evento Chernobyl ha solo aggravato i costi e quindi affrettato il tramonto dell’opzione nucleare.
Un ulteriore falso argomento per sostenere che sia in atto il potenziamento mondiale del settore nucleare riguarda il computo dei reattori in costruzione.
Riportiamo i dati aggiornati al 1 agosto 2009[4]
· Totale nel mondo, escluse Cina e India: 30.
Di cui:
· Stati Uniti: 1 centrale i cui lavori furono iniziati nel 1972.
· Russia: 9 reattori. Per 4 di queste i lavori furono iniziati fra il 1983 e il 1986.
· Giappone: 2.
· Francia: 1.
· Europa dei 27: 6.
Per Cina e India sussistono I seguenti dati:
· Cina: 16, India: 6.
Se si considera che un impianto impiega in media sette anni per divenire operativo, l’aumento risultante va distribuito su questo intervallo temporale e ne risulta un incremento di poco più del 1% del potenziale nucleare installato.
Un po’ maggiore (52) il numero dei reattori programmati, escluso Cina e India, ma si sa che gli ordini vengono spesso cancellati e le date di inizio lavori spalmate su di un lungo intervallo temporale, per cui il dato è inutilizzabile. Negli Stati Uniti Obama dichiara di voler costruire due nuove reattori[5], in Francia si parla di uno[6].
Occorre dell’improntitudine per sostenere che i dati riportati denotino una politica espansiva del ricorso al nucleare per far fronte alle esigenze di crescente fabbisogno energetico. E’ irrealistico sostenere che le esigenze degli Stati Uniti o della Francia possano essere ottemperate attraverso l’incremento di qualche frazione percentuale del proprio parco reattori. Lo stesso discorso vale per gli altri paesi possessori della tecnologia nucleare.
Una osservazione è pertinente in proposito, i paesi in possesso di tecnologie nucleari sono anche esportatori di apparati nucleari verso quelle nazioni che per cautelarsi da incognite future in relazione a possibili evoluzioni in campo civile e bellico reputano opportuno gestire almeno qualche esemplare che faccia uso di tecnologie in corso di perfezionamento che vengono dichiarate suscettibili di assumere un ruolo rilevante nel futuro.
Risulta allora che sussiste una doppia spinta che motiva la elaborazione e la realizzazione di quei pochi nuovi progetti in corso di attuazione:
1. Esigenze strategiche del comparto militare – addestramento del personale e innovazione.
2. Necessità di mantenere efficiente la propria produzione industriale e sostenere la professionalità del personale tecnico.
Non certo la necessità di ampliare il ricorso a fonti energetiche.
L’unico sforzo espansivo nell’utilizzazione dell’energia nucleare vantaggioso da un punto di vista strettamente economico perseguito nel mondo è quello di prolungare la vita delle centrali dai circa quaranta anni (32 per la Germania) inizialmente programmati, a 60. Questo è l’unico programma economicamente sensato, anche se per altri versi - emissioni radioattive e accumulo delle scorie - da rigettare. La ragione della convenienza è che vengono esclusi gli oneri dovuti alla costruzione dei manufatti e di buona parte degli apparati e inoltre si allontana l’esborso degli ingenti capitali da impiegare nella dismissione delle centrali diluendone l’incidenza su di un periodo di produzione più lungo.
Dunque il ricorso al nucleare civile non è economicamente conveniente e non esiste alcuna tendenza rilevante espansiva nel mondo ad eccezione di Cina e India.
Vediamo le altre false asserzioni riportate nel documento.
Si asserisce che il nucleare fornisce energia in un regime di assoluto rispetto dell’ambiente – niente di più falso.
1. Il ciclo completo della produzione di energia nucleare comprende: produzione e trasporto del combustibile, edificazione dei manufatti, dismissione. Queste tre fasi comportano una emissione di CO2 pari a un quantitativo che oscilla fra un quarto e un terzo delle emissione rilasciate da una centrale a gas naturale nel generare un egual quantitativo di energia. A nulla vale l’affermazione che la produzione del combustibile avviene al di fuori del territorio nazionale: è ben noto che le emissioni di anidride carbonica affettano il sistema climatico terrestre globalmente inteso.
2. Durante il regolare funzionamento di una centrale nucleare si producono emissioni radioattive in nessun modo evitabili in quanto la presenza dei processi di fissione all’interno del core contaminano inesorabilmente i materiali circostanti, i neutroni presenti attivano componenti del reattore come le tubature, i rivestimenti del combustibile, questi componenti sono costituite da svariate leghe in cui compaiono metalli che assorbono neutroni generando radionuclidi che per corrosione finiscono con l’acqua di raffreddamento all’esterno, l’idrogeno poi dell’acqua di raffreddamento subisce la trasmutazione in uno dei suoi due isotopi. I radionuclidi più frequenti sono: trizio, cobalto 60, manganese 54, ferro 59[7]. Un riscontro del fenomeno è la contaminazione prodotta nella zona del Garigliano documentata in numerose inchieste: malformazioni e leucemie infantili, accresciuta incidenza di malattie tumorali, nascita di animali deformi lungo le rive del fiume e rilevazione di sostanze radioattive fin oltre la foce. Per altro verso sono documentate, vedi le inchieste condotte da Michele Buono per la trasmissione televisiva Report, l’aumento della radioattività e delle malattie da radiazione nelle zone limitrofe alle centrali nucleari in Francia e Germania. Sono poi accertate perdite di liquami radioattivi dalle piscine, depositi temporanei del materiale combusto, e dalle centrali in disuso con conseguente frequente inquinamento delle falde acquifere.
3. Bisogna poi aggiungere che le centrali nucleari sono affette da numerosi incidenti di piccolo medio livello con conseguente aggravio in perdite di inquinanti radioattivi.
A quanto fin qui evidenziato si aggiunge il problema dello stoccaggio definitivo delle scorie dotate di attività radioattiva. L’operazione è onerosissima e certamente non è contabilizzata nei computi che i signori Ambrosetti presentano. Al momento non si è trovata una soluzione idonea, benché siano stati eseguiti numerosi studi e si siano stati esperiti svariati tentativi, poi risultati inadeguati. Già solo in studi e sperimentazioni sono stati investiti cospicui capitali.
Infine sussiste la gravosa mansione della sorveglianza, manutenzione, riparazione per centinaia, migliaia, decine di migliaia di anni di tutti gli scheletri irraggianti sparsi per il mondo, frutto dell’umana follia esplosa nelle poche ultime generazioni.
Se questi disastri vi paion poco……
Un ingenuo lettore che ci avesse fin qui seguito potrebbe obiettare: tutto ciò premesso perché allora alcuni politici, economisti, amministratori, tecnici intendono imbarcare l’Italia in un progetto così palesemente perdente?
La risposta è semplice, un progetto può essere svantaggioso, rischioso, talvolta perfino incompatibile con le condizioni economiche e ambientali eppure risultare vantaggioso per un gruppo di individui. Le grandi opere sono state per legge affidate in Italia alla protezione civile, gestite più o meno esplicitamente da un insieme di imprenditori-faccendieri denominati “la cricca”, essi sono responsabili delle avventure, per noi disastrose, per loro vantaggiose, della Maddalena, dell’Aquila e di tante altre imprese loro affidate. Si apprestano a lucrare sul disastro annunciato del ponte di Messina, di quello dell’alta velocità e guardano con occhio famelico il boccone nucleare: migliaia di tonnellate di cemento da impiegare, la profittevole costruzione di infrastrutture, la fornitura della tubistica, l’organizzazione dei trasporti ecc… , non sono ovviamente in grado di progettare e realizzare la parte tecnologicamente avanzata del progetto (ma ciò non impedirà loro di incamerare mazzette, pur sempre un guadagno consistente anche se esecrabile). L’avventura nucleare rappresenta un’occasione unica per procurarsi un enorme guadagno e va difesa a ogni costo. Che poi tutto ciò avvenga a detrimento di una comunità ampiamente impoverita, a scapito di un futuro corretto sviluppo, non importa, ciò che vale è che nel presente si depredi.
E’ illuminante evidenziare la natura dei promotori dell’avventura nucleare. Essi sono, oltre l’ampia tribù che gravita attorno alla cricca e a qualche giornalista acquisito al progetto, i dipendenti degli enti che gestiranno gli impianti e i tecnici che lavorano in campo nucleare, sia ingegneri che fisici, è una schiera che giudica con l’occhio distorto dalla deformazione professionale. Sopra di tutti vigila gongolante e vanaglorioso il presidente dell’Agenzia per la Sicurezza Nucleare, di nomina recente. E’ un gran vanto la presidenza di questa Agenzia per un oncologo affermato, ma non bisogna mai anteporre i propri intenti personali ai danni prodotti in popolazioni inermi dagli effetti nocivi delle radiazioni. In campo oncologico si sbandiera un argomento capzioso per suggerire che l’incremento delle radiazioni rispetto al fondo naturale nei pressi delle centrali nucleari sia poco rilevante in quanto dello stesso tenore delle dosi medie a cui è esposto per le più svariate ragioni il cittadino nella società civile.
Vale una prima osservazione. Per quanto riguarda l’esposizione a radiazioni penetranti non esiste una soglia al di sotto della quale gli effetti nocivi siano assenti, questi ultimi risultano proporzionali alla dose assorbita, per cui ogni incremento, sia pure lieve, è portatore di conseguenze dannose.
Premesso ciò va segnalato che l’attività radioattiva nei pressi delle centrali nucleari ha due caratteristiche che agiscono da moltiplicatori degli effetti nocivi e che le differenziano dalle conseguenze dovute alla esposizione a radiazioni provenienti da strumentazioni, in particolare a carattere diagnostico o terapeutico.
1. Gli agenti ad attività radioattiva vengono assunti con gli alimenti o inalati, per cui operano a contatto diretto con gli organi vitali nel corpo umano, quindi le radiazioni non sono attenuate dai tessuti epiteliali, muscolari o quant’altro, come avviene invece nel caso di sorgenti esterne, hanno esiti ben più gravi.
2. I cicli metabolici della biosfera producono un accumulo dei radioisotopi nelle catene biologiche e determinano la loro concentrazione nei tessuti degli animali e delle piante che contribuiscono all’alimentazione umana, per cui si ha un effetto di amplificazione della attività radioattiva originariamente presente.
Ultima ma non meno rilevante la seguente osservazione cruciale:
I protocolli che concernono la localizzazione delle centrali nucleari e dei depositi permanenti delle scorie radioattive prescrivono che il luogo sia lontano da aree urbanizzate, che sia prossimo alle arterie di traffico pesante e, per le centrali, che sia attiguo a copiose riserve d’acqua, infine che le località prescelte siano state esenti nel passato per migliaia di anni da manifestazioni sismiche.
Bravo chi riesce a trovare un luogo siffatto in Italia!
[1] G. Cosenza – La transizione, ed. Feltrinelli.
G. Cosenza – Il nemico insidioso, ed. Manifestolibri (in corso di stampa).
O. Scharmer – Roundtable on trasforming capitalism , Massachusetts Institute of Technoligy.
[2] Ad esempio: G. Chiesa, G. Cosenza e L. Sertorio – La menzogna nucleare, Ed. Ponte alle grazie,
A. Lovins – The world nuclear industry status report 2007.
[3] http://www.ambrosetti.eu/_modules/download/
download/it/documenti/ricerca/2010/20100905_Nucleare_Int_ITA.pdf
[4][4] The World Nuclear Industry Status Report 2009 – German Federal Ministry of Environment.
[5] Documento Ambrosetti.
[6] The World Nuclear Industry Status Report 2009 – German Federal Ministry of Environment.
[7] Human health fact sheet – Argonne National Laboratory, http://www.ead.anl.gov/pub/doc/cobalt.pdf
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