domenica 3 aprile 2011

Cosa rimarrà di questi anni nucleari?


L’impianto genericamente chiamato Fukushima, nome che indica in realtà una prefettura, ha visto esplodere tre dei quattro reattori, si chiama “Daiichi” e si trova nella città di Okuma.

Il giono 29 marzo è stato notato del fumo uscire da uno dei reattori della centrale chiamata “Daini” che si trova nella città di Naraha.

La notizia sembra quasi annunciare incidenti che avvengono nel medesimo sito, invece si parla di due impianti separati che si trovano in città diverse, distanti alcuni chilometri tra loro circa 15

Sui reattori di Daiichi hanno riversato, con gli elicotteri, acqua marina per tentare di aumentare la quantità d’acqua presente nelle vasche che contengono le barre.

Ma versare acqua di mare in quel modo vuol dire riversare acqua che una volta evaporata lascerà incrostazioni di sale su tutto il complicato sistema di controllo, sia analogico che elettronico, quindi schede elettroniche e contatti elettrici compromessi per sempre e valvole incrostate irrimediabilmente. Queste apparecchiature, se continuamente tenute sotto controllo e manutenzione, assolvono al loro compito, ma appunto, solo se costantemente controllate e monitorate; cosa sarà successo a tutta l’impiantistica elettronica e di tubature varie in quasi un mese di disastro totale?

Cosa sta succedendo a quelle parti di impianto ancora non compromesse ma ormai abbandonate a se stesse a causa dell’abbandono da parte dei tecnici a causa dell’ormai troppo elevata e non più nascondibile radioattività?

Cosa sta succedendo agli impianti dei reattori di Naraha denominati “Fukushima Daini” e cosa succederà se si dovrà anche con loro agire in emergenza con la presenza ravvicinata di operatori esposti alla forte radioattività, e come sceglieranno questi operatori visto che molti di quelli che hanno prestato la loro opera agli impianti di Daiichi sono sicuramente morti o soggetti ai danni da esposizione alle radiazioni. Chi opera nel settore sa esattamente cosa è successo ai propri colleghi e solo a chi conosce i complicatissimi impianti potrà essere chiesto di mettere la propria vita a disposizione della salvaguardia della vita di tutti gli altri giapponesi e non solo. Quanti di loro si esporranno comunque a questi enormi rischi?

Chi si avvicinerà ancora a quei siti quando già si parla di oltre 1000 cadaveri non ancora recuperati a causa della forte radioattività della zona?

L’unico modo per limitare i danni a quelli che si saranno avuti fino a che si adotterà questa soluzione, sarà quello di riversare tutto il cemento che il Giappone riesce a produrre, su tutti gli impianti, sia sopra quelli già danneggiati che su quelli a rischio. Questo ad oggi è sempre stato rinviato: primo, perché si è stupidamente tentato di salvare il salvabile di quei costosissimi impianti; secondo, perché sarebbe stata un’aperta ammissione della pericolosissima vulnerabilità del nucleare, vulnerabilità che porta danni non solo dal prezzo economico praticamente infinito, ma che anche il costo di vite umane diventa inaccettabile anche da parte di chi fino ad ora ha ritenuto il nucleare una risorsa utile all’umanità.

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